La Quota 100 era stata introdotta in via sperimentale per il triennio 2019-2021 dal Governo come una misura volta a garantire la tanto agognata flessibilità di uscita dal mercato del lavoro, andando a contrastare gli effetti della Riforma delle Pensioni 2011 del Governo Monti (Riforma Fornero), offrendo la possibilità a coloro che vantano almeno 38 anni di contributi con un’età anagrafica minima di 62 anni di andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni sull’assegno se non quella dovuta al minore montante contributivo.
Ci si attendeva un boom di richieste, ma a quanto pare queste previsioni potrebbero essere disattese.
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Le stime e il trend attuale
Le stime parlavano di 290 mila richieste di accesso alla Quota 100 attese entro fine 2019. Allo stato attuale, stando ai dati aggiornati al 30 giugno 2019 pubblicati dal nuovo presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, se non ci sarà un’impennata di richieste nell’ultima parte dell’anno, le domande di Quota 100 si fermeranno a 200mila, pari ad oltre il -30%.
Al 30 giugno 2019 le domande pervenute si fermavano a poco meno di 155 mila (154.095). Il maggior numero delle domande pervenute si è concentrato nei mesi di gennaio e febbraio (67,2%) per poi scemare progressivamente, motivo per cui molti ipotizzano che a fine anno non si arrivi alla cifra inizialmente stimata. Gran parte delle domande sono state presentate nelle regioni del Nord (40%) e del Mezzogiorno (35%), da uomini e da assicurati delle gestioni private con una media di importo mensile della pensione di circa 1.900 euro.
Il 33% delle domande pervenute al 30 giugno 2019 sono state presentate da iscritti alle Gestioni Pubbliche, il 46% di questi si collocano nel Mezzogiorno, il 33% nel Nord, poco più del 20% nelle regioni del Centro Italia. La distribuzione per età evidenzia una concentrazione tra i 63 e i 64 anni, senza differenze significative tra uomini e donne.
La ripartizione delle domande pervenute sulla base della decorrenza presunta, indicata dal lavoratore all’atto della domanda, che per via della modulazione delle finestre fissata nel decreto risulta slittata tra lavoratori pubblici e privati,mostra come ci sia una percentuale, anche se bassa, di lavoratori che hanno fatto domanda prevedendo di potersi pensionare dopo il 2019.
Tra i privati circa un terzo è a carico delle gestioni autonome, oltre la metà del Fpld e circa il 10% ha utilizzato il cumulo tra più gestioni.
Per quanto riguarda il comparto scuola, su 60-70 mila domande attese entro l’anno, attualmente ne sono arrivate 27 mila di cui 5 mila ancora in via di definizione.
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Motivi del possibile flop
A disattendere le aspettative del comparto scuola potrebbe essere stato l’anticipo del TFR/TFS in stand-by. In generale, a frenare l’accesso alla Quota 100 potrebbe essere il fatto che, anche se non sono previste penalizzazioni ufficiali sull’assegno previdenziale, andare in pensione prima comporta l’avere un minore montante contributivo. Questo si traduce in una riduzione dell’assegno fino a 400 euro netti al mese per gli stipendi al di sotto dei 2mila euro.
L’eventuale risparmio derivante da una quantità minore di domande pervenute, insieme alle cifre risparmiate dal Reddito di cittadinanza dovrebbero essere usate dal Governo per evitare la minaccia di procedura di infrazione da parte della Commissione europea, piuttosto che per finanziare la Flat tax, come chiesto da Salvini.