Il 69% delle imprese italiane è giudicato vulnerabile in base ai criteri di Basilea 2. A rilevarlo è l’indagine annuale condotta da Eu-Ra pubblicata dal Sole 24 Ore. La società di rating (l’unica italiana) ha esaminato un campione di 220.000 imprese, analizzando i loro bilanci depositati presso le Camere di Commercio e assumendo come periodo di riferimento il triennio 2003-2005.
I risultati restituiscono un livello di affidabilità che, nonostante una timida ripresa, resta alquanto insoddisfacente. Maurizio Fanni, coordinatore della ricerca, individua nella sottocapitalizzazione e nella fragilità strutturale gli elementi di debolezza alla base di questa situazione.
Le ‘non investment grade’ restano la maggioranza assoluta con una quota pari al 69,1% (diminuita di soli 0,17 punti percentuali), mentre le ‘distressed’ (le società a più alto rischio) si mantengono intorno al 5%. Variazione minima anche per le ‘investment grade’ (dal 25,64% al 25,74).
Per quanto riguarda le imprese più affidabili, soltanto il 0,72% delle imprese riesce a meritarsi la tripla A (massima affidabilità), facendo comunque segnare una crescita rispetto al precedente 0,58%. Migliora la situazione anche per la categoria delle doppie B (primo gradino di vulnerabilità), che registrano una lieve flessione (dal 22,67% al 22,56%), e in generale le proiezioni per il periodo 2006/2007 sono moderatamente positive, con una migrazione delle imprese verso categorie a più alto tasso di affidabilità.
Di particolare interesse risulta la relazione diretta tra tasso di solvibilità e dimensione dell’azienda. Infatti, il 37,27% delle imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro rientra nelle ‘investment grade’, mentre la quota scende al 24,55% per le aziende sotto i 5 milioni.
Le aree geografiche più stabili si riconfermano il Nord-Ovest e il Nord-Est, con il Trentino Alto Adige che si aggiudica un doppio primato: la regione vanta infatti il più alto numero (30,85%) di imprese affidabili ma anche la maggioranza di quelle ‘distressed’ (6,88%).