Con l’introduzione della Quota 100, il governo ha teoricamente previsto la possibilità per gli Statali che chiedono la pensione (qualunque tipo) di richiedere, in attesa del TFS/TFR, una quota dell’indennità di buonuscita fino ad un importo massimo di 45mila euro sotto forma di prestito bancario.
Ma ad oggi questo opzione è ancora in stallo, a causa della mancata emanazione del provvedimento previsto dal Dl 4/2019, costringendo i dipendenti del settore pubblico che hanno scelto di andare in pensione ad attendere anche fino a 6 anni (nel caso della Quota 100) prima di ricevere la liquidazione.
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A denunciare i tempi biblici del governo ai danni di 46mila dipendenti del pubblico impiego sono i sindacati Cgil, Cisl e Uil che chiedono, congiuntamente, un intervento normativo di ampio respiro come suggerito dalla Corte Costituzionale.
Slittamento TFR/TFS
L’inghippo sta nel fatto che, per i dipendenti pubblici che aderiscono alla Quota 100 l’articolo 23 del decreto applicativo della misura ha previsto uno slittamento nell’erogazione della prima rata del TFS/TFR al momento in cui sarebbero maturati i requisiti Fornero (precedenti all’entrata in vigore del decreto) o al raggiungimento di quelli per la pensione anticipata in base alle vecchie regole dell’articolo 24 del D.L. n. 201/2011, al netto dei futuri adeguamenti alla speranza di vita.
Questo per quanto riguarda la prima rata della buonuscita, per le successive l’attesa diventa anche più lunga (come abbiamo spiegato in questo articolo).
La norma obbliga inoltre gli statali che vogliano optare per la Quota 100 a presentare la domanda all’amministrazione di appartenenza, con un preavviso di sei mesi, e con prima decorrenza (per chi ha maturato i requisiti entro il 29 gennaio 2019) al 1° agosto 2019.
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Sono migliaia i dipendenti pubblici che, rispettando le scadenze, hanno già presentato domanda e ora si trovano incastrati in questa “trappola” burocratica. L’attuazione della misura richiede infatti un accordo con l’ABI ed il settore assicurativo, l’adesione degli istituti di credito, oltre al coinvolgimento dell’INPS. Una procedura simile a quella che si è resa necessaria con l’APe e che ha richiesto oltre un anno per essere definito nei dettagli.Gli esclusi dall’anticipo TFR/TFS
A tutto questo, aggiungono i sindacati, va sommato il fatto che, quando vedrà luce, il prestito sul TFS/TFR non potrà essere fruito da tutti i dipendenti del pubblico ma vedrà ad esempio esclusi i lavoratori del comparto difesa e sicurezza, le lavoratrici che accedono alla pensione con l’opzione donna, i lavoratori esodati salvaguardati e chi ha usufruito della totalizzazione.
Provvedimento in arrivo, ma non basta
Per questa ragione, anche se sembra che il governo stia per dare attuazione al provvedimento che disciplina l’anticipo del TFS/TFR per gli statali (fonti governative sembrano aver dichiarato alla stampa che mancano solo gli ultimi approfondimenti tecnici), i sindacati chiedono un intervento normativo che risolva l’ingiustizia.
Nella nota congiunta si legge infatti:
Siamo comunque convinti che l’anticipo finanziario non risolva il problema dei tempi di liquidazione del TFS e TFR. Per risolvere questa ingiustizia continueremo a rivendicare un intervento normativo: è assolutamente necessaria una riduzione dei tempi di pagamento che devono essere adeguati a quelli dei lavoratori del settore privato. Infine occorre rivedere il principio di invarianza retributiva, nonché superare ogni forma di ingiusta trattenuta