Il lancio del progetto Libra da parte di Facebook e di un network di giganti del mondo dei pagamenti, riapre il dibattito relativo alla regolamentazione «centralissimo sulle criptovalute, fin da quando sono nate nel 2008»: PMI.it ne ha parlato con Valeria Portale, direttore Osservatorio Blockchain & Distribuited Ledger del Politecnico di Milano.
Il punto è che si tratta di strumenti finanziari simili alle valute ma non emessi da una banca centrale. In realtà, spiega Portale, sono le stesse banche centrali ad aver sempre dichiarato di non considerarle valute.
Bankitalia chiama questi strumenti criptoasset. Proprio perché la valuta deve essere emessa da un ente centrale autorizzato.
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Il discorso è complesso, si tratta di regole fondamentali del sistema monetario internazionale. In base al quale solo le banche centrali possono emettere moneta.
«Tutte le criptovalute soffrono di questo elemento. Esiste una convenzione per cui chi partecipa al network – ad esempio di bitcoin – lo riconosce come strumento di scambio, con la possibilità all’interno del network di scambiarsi questi bit. Ma all’esterno di questa rete la criptovaluta non ha valore».
Ed è questa la differenza fondamentale con una vera e propria moneta, che deve essere accettata da tutti.
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Quindi, «Libra si pone certamente all’interno dei confini delle criptovalute: non è paragonabile a una moneta centralizzata, con un organismo che obbliga l’accettazione a tutte le persone di un determinato paese. E’ uno strumento utilizzato all’interno di un network chiuso».
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Detto questo, è vero che «il regolatore si deve porre questo problema». Anche perché il progetto Libra sembra destinato ad allargare parecchio il raggio d’azione delle criptovalute, da diversi punti di vista.
Gli attori del mercato «non sono più i nerd del bitcoin, ma i grandi attori del web e non solo». Il network di Libra association comprende Mastercard, Visa, PayPal, eBay, Uber, Vodafone, solo per citare i nomi più “globali”. I soci sono una trentina, ma l’obiettivo dichiarato è di estendere il network almeno a cento soggetti. Ci sono i player del mondo dei pagamenti, marketplace, colossi del digitale, player della blockchain, TLC, venture capital, associazioni. Al momento, nessuna banca.
Ora, è vero che «le criptovalute sono ormai diffuse da tempo, creando punti di domanda al regolatore». Ma la conseguenza di questa iniziativa è senz’altro il fatto che «il punto di domanda diventa molto grosso», e questo con ogni probabilità porterà a un’accelerazione sul fronte della governance, appunto.
Fino a questo momento, ci sono state due fasi: in un primo tempo il sistema bancario le ha fondamentalmente ignorate. Poi ha iniziato a porsi interrogativi, rimanendo però interlocutorio, nel senso che comunque il vuoto normativo resta.
Esempio: «se legalmente non sono valute ma beni digitali, bisognerebbe pagarci l’IVA o applicare altre regole».
A questo proposito, ricordiamo che in Italia la risoluzione n. 72/E/2016 affronta il tema del trattamento fiscale di monete virtuali (acquisto e vendita), che a fronte degli orientamenti indicati dalla Corte di Giustizia dell’UE esclude l’imposizione IVA. Ma ci si ferma qui.
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Quindi, al momento la considerazione che si può fare è che con Libra diventa urgente «definire che cos’è tutto questo». Il tempo per ragionarci sopra c’è, al momento c’è stato solo il lancio del progetto, spiegato in un apposito paper, e la formazione dell’associazione. La criptovaluta vera e propria arriverà nel 2020.
Il problema è che le domande a cui rispondere sono parecchie:
- come gestire questi nuovi strumenti?
- Quali regole per la loro circolazione?
- Quali le autorità che se ne occupano?
- Quale paese dovrebbe regolarle?
La sede centrale di Libra association è in Svizzera: saranno dunque le autorità elvetiche a decidere le regole applicative? Oppure, trattandosi di una valuta per definizione transnazionale, ci vuole un’autorità con le stesse caratteristiche?
Fra l’altro, se si dovesse decidere che in effetti sono valute, non c’è il rischio che vengano vietate? Valeria Portale ritiene che questo sia difficile, anzi «quasi impossibile», sia per la diffusione che questi strumenti già hanno, sia per l’interesse che suscitano. «Il mercato delle criptovalute e la relativa tecnologia hanno già dimostrato un potenziale molto elevato».
Però è vero che c’è una sorta di «attacco al ruolo delle banche centrali. Abbiamo un attore privato, del mondo business, che emette una sorta di valuta internazionale, stabilizzata sulle varie monete a seconda dei paesi di sviluppo del network». Quindi, fra le cose da definire, c’è sicuramente anche il ruolo delle banche centrali.
Ma non solo: con una battuta si potrebbe dire che già la legislazione internazionale è, da tempo, carente sul fronte fiscale, soprattutto in riferimento ai giganti del web, figuriamoci quando emettono moneta sovranazionale. Insomma, Portale si aspetta «un’intensa fase di discussione e confronto».
E provando, invece, a vederla da un’altra angolazione, non potrebbe essere semplicemente (si fa per dire) un nuovo sistema di pagamento (come le carte di credito, o le tecnologie NFC)?
«E’ anche uno strumento di pagamento, ma non solo questo. C’è una piattaforma con smart contract, è un progetto che abilita l’e-commerce, la programmabilità».
Anche in questo caso, si potrebbe continuare pensando che, a un certo punto, le criptovalute sono diventate una sorta di strumento finanziario (quindi, non una valuta vera e propria).
Il progetto di Libra introduce nuovi elementi anche rispetto alle “tradizionali” criptovalute, in primis per il fatto che ci sarebbe un’unica società emittente. In realtà, con ogni probabilità, i concorrenti non tarderanno ad arrivare. Ma resta il fatto che la regolamentazione sembra urgente. Anche per «non limitare le opportunità di sviluppo di questo mercato».
Altro capitolo fondamentale, la privacy. «Nel paper questo tema non è praticamente toccato. E’ un capitolo ancora tutto da scrivere».