Con quattro nuovi principi di diritto (nn. dal 15 al 18 del 2019), l’Agenzia delle Entrate ha fornito interessanti chiarimenti in merito ai redditi prodotti all’estero ovvero di: convenzioni contro le doppie imposizioni, paradisi fiscali, territori a regime fiscale privilegiato e tassazione utili esteri.
In particolare le Entrate si sono occupate:
- con il principio di diritto n. 15/2019 di corretta determinazione del credito d’imposta estero sulla base delle disposizioni di cui all’articolo 23, paragrafo 3, della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia – Stati Uniti – applicabilità dell’articolo 165, comma 10, del TUIR;
- con il principio di diritto n. 16/2019 dei criteri di individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, ai sensi dell’articolo 167, comma 4 del TUIR (versione in vigore fino al 11 gennaio 2019);
- con il principio di diritto n. 17/2019 della corretta applicazione dell’articolo 89, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986, alla luce delle modifiche normative in materia di tassazione di utili di fonte estera;
- con il principio di diritto n. 18/2019 del trattamento degli utili provenienti da una stabile organizzazione di una società partecipata non residente.
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Convenzioni contro le doppie imposizioni
Tra i chiarimenti forniti, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il metodo scelto dall’Italia e dagli Stati Uniti per eliminare la doppia imposizione giuridica è quello del credito d’imposta, secondo cui:
Lo Stato della residenza determina le imposte sulla base del reddito complessivo del contribuente, che include il reddito prodotto nello Stato estero dove, in applicazione della Convenzione, lo stesso è stato già sottoposto a imposizione. Successivamente, lo Stato della residenza, concede una detrazione dalle imposte dovute dal contribuente per le imposte già pagate nello Stato estero.
Peraltro, il requisito di “inclusione” del reddito estero nel reddito imponibile in Italia di cui all’articolo 23, paragrafo 3, della Convenzione Italia – Stati Uniti (e all’art. 23 del Commentario al Modello OCSE), coincide con il requisito di concorso del reddito prodotto all’estero al reddito complessivo, previsto dall’articolo 165, comma 1, del TUIR di cui, il successivo comma 10.
Data questa sostanziale coincidenza di principi alla base della normativa convenzionale e domestica, il concorso del reddito prodotto all’estero alla formazione del reddito complessivo imponibile in Italia costituisce un requisito necessario ai fini della successiva detrazione dall’imposta italiana dell’imposta pagata all’estero nei limiti della maximum deduction. Senza inclusione del reddito nel reddito imponibile in Italia e senza condizione del concorso del reddito estero al reddito complessivo non è possibile procedere alla determinazione del credito d’imposta, anche in caso di concorso parziale del reddito estero al reddito complessivo imponibile e di detassazione di una parte del reddito estero per effetto dell’applicazione dell’istituto del patent box.
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Paesi a fiscalità privilegiata
Le Entrate ricordano quanto precisato con la circolare n. 35/E/2016: si considerano speciali i regimi che concedono un trattamento agevolato strutturale, risolvendosi in un’imposizione inferiore alla metà di quella italiana. Se il regime speciale viene fruito “parzialmente” bisogna applicare un criterio di prevalenza che valorizzi l’attività risultante maggioritaria in termini di entità dei ricavi ordinari.
Se la società partecipata non residente opera in un Paese che prevede un regime su base territoriale che esenta da imposizione tutti i redditi da fonte estera, nel criterio di prevalenza dovranno essere ricompresi tutti i ricavi relativi ai redditi di fonte estera, non assumendo alcuna rilevanza la circostanza che i redditi siano prodotti all’estero con o senza una stabile organizzazione.
Territori a regime fiscale privilegiato
In merito alla corretta tassazione degli utili di fonte estera, l’Agenzia ha ricordato che la Legge di Bilancio 2018 (comma 1007 della Legge 27 dicembre 2017, n. 205) precisa che gli utili percepiti dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 non si considerano provenienti da Stati o territori a regime fiscale privilegiato se:
- maturati in periodi d’imposta antecedenti a quello in corso al 31 dicembre 2014, in cui le società partecipate erano residenti in Paesi non inclusi nella black list di cui al d.m. 21 novembre 2001 (unico criterio all’epoca vigente);
- maturati in periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014 in Stati o territori non a regime fiscale privilegiato e successivamente percepiti in periodi d’imposta in cui risultano integrate le condizioni di cui all’articolo 167, comma 4, del TUIR.
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Questo solo se, in presenza di distribuzione di utili pregressi, viene a mutare la qualificazione dello Stato di residenza della società partecipata, da Paese considerato a tassazione ordinaria a Paese a fiscalità privilegiata, mentre non vale al contrario. In quest’ultimo caso restano validi i chiarimenti forniti nella sopra citata circolare n. 35/E/2016.
Tassazione utili esteri
Viene inoltre precisato che per ricostruire il corretto regime di tassazione degli utili distribuiti da una partecipata residente in un paese non considerato a regime fiscale privilegiato con stabile organizzazione in un paese a regime fiscale privilegiato, occorre trattare autonomamente gli utili prodotti dalla partecipata direttamente rispetto a quelli prodotti dalla stabile organizzazione., come chiarito dalla Risoluzione n. 144/E/2017.
Questo non vale se la partecipata può essere qualificata come entità residente in un paese a regime fiscale privilegiato: in questo caso tutti gli utili prodotti dovranno essere considerati derivanti da un’entità “black list”, a prescindere dal fatto che la stabile organizzazione sia localizzata o meno in un paese a fiscalità privilegiata.