Il 2018 è stato l’anno in cui il trend si è invertito, ma il saldo rispetto al 2011 (identificato come periodo pre-crisi) resta abbondantemente negativo: le imprese italiane, PMI in testa, hanno perso il 7,1% di managerialità. Non solo: la presenza dei manager è per lo più concentrata nelle imprese di grandi dimensioni. I dati si rilevano dall’indagine di sui manager industriali nelle imprese italiane, presentata in occasione dell’assemblea 2019 di Federmanager.
=> PMI traino del Paese: ecco le sfide chiave
In tutto, dal 2011 al 2018 sono stati persi circa 5mila manager (passando da 75mila a 70mila). L’aspetto positivo è però rappresentato dal fatto che il trend discendente si è interrotto nel 2018, anno che fa registrare «una sostanziale stabilità della domanda di competenze manageriali, che tornano ai livelli del 2014, primo anno post-crisi in cui il PIL italiano è tornato positivo».
Il punto, rileva l’associazione dei dirigenti italiani, è che la managerialità si concentra eccessivamente nelle grandi imprese, che nel periodo considerato (2011 – 2018), hanno comunque incrementato il numero medio di manager, che nelle aziende con almeno un dirigente è passato dai 4,04 del 2011 ai 4,52 del 2018.
Le PMI, invece, esprimono una domanda di competenze manageriali ancora insufficiente rispetto al trend.
Sintetizza il presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla: «È certamente positivo aver arrestato il trend di fuoriuscita di manager dal mercato del lavoro, ma ci preoccupa che la crescita abbia riguardato la fascia di età degli over 55 e sia concentrata nel Nord Italia».
I dati: i manager con più di 55 anni sono il 37% del totale contro il 5% degli under 40.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, oltre il 70% dei manager si trova nel Nord Italia, mentre Sud e isole si fermano al 6%.
Resta alto il divario di genere, pur con un trend positivo che vede crescere il numero delle donne dirigenti, dall’11% del 2011 al 14% del 2018.