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Storia, valori e reti social per l’affermazione dei brand made in Italy

di Anna Fabi

6 Maggio 2019 09:06

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Storia, tradizione, valori e rete social per l’affermazione di un branding made in Italy nel mondo: il punto di Gian Domenico Auricchio, Presidente Assocamerestero.

Quanto vale un marchio dietro cui c’è una storia imprenditoriale? Alcune recenti vicende che hanno interessato anche aziende dell’agroalimentare italiano hanno riproposto il problema che a me piace affrontare in una logica di sviluppo del made in Italy.

L’esperienza di una azienda come la nostra, con più 140 anni di storia alle spalle, ci dice che dietro tanta parte di risultati positivi anche all’estero c’è la capacità di saper valorizzare storia e tradizione, ma anche necessità di investire sulla forte identità d’impresa. E’ in questo mix che si trova del resto il successo di tante realtà imprenditoriali riuscite, in un mondo sempre più globalizzato, a fare di queste caratteristiche una leva competitiva.

Ma purtroppo quando ci si riesce proprio questi aspetti rischiano, in tanti settori, di essere imitati attraverso il fenomeno del cosiddetto italian sounding, che sottraggono rilevanti fette di mercato alle nostre imprese. Da una stima recente fatta da Assocamerestero è un fenomeno che solo nel campo dell’agroalimentare si può quantificare in circa 90 Miliardi di Euro, un valore più che doppio di quelle delle nostre esportazioni.

Un brand che ha costruito nel tempo una storia di successo e di posizionamento sui mercati viene particolarmente danneggiato da questo fenomeno.

Su questo il Governo sta lavorando, ma a mio modo di vedere oltre a cercare di reprimere la stessa vicenda dell’italian sounding deve rappresentare una sorta di stimolo per le imprese a investire ancora di più sul prodotto e sulla conoscenza del marchio da parte dei consumatori di un mercato globale.

Qui ci vengono in aiuto le nuove politiche della comunicazione e gli strumenti social che, ove adeguatamente utilizzate, e collegate con la storia dei territori e delle produzioni, possono essere per tante imprese, anche quelle di più piccole dimensioni, un fattore di opportunità. Dietro l’acquisto di molti prodotti – non solo dell’agroalimentare – c’è spesso un aspetto legato ai luoghi che va comunicato e fatto percepire a un pubblico più vasto, sempre più globale, in coerenza con quel fenomeno che oggi va sotto il nome di glocalizzazione, ossia di forte intreccio tra storie e capacità a livello locale e proiezione globale di mercato.

Diviene sempre più importante far conoscere cosa c’è dietro e dentro un prodotto, e soprattutto in alcuni casi il suo livello di salubrità e di eco-sostenibilità: in Italia siamo in molti campi leader mondiali, non solo nell’agroalimentare ma anche in tanti altri settori del made in Italy.

Si tratta di aspetti particolarmente apprezzati dal vasto pubblico dei millennials, circa 2,3 miliardi di persone, e quelli che appartengono alla cosiddetta generazione Z ossia chi è nato tra metà anni ‘90 e i primi anni 2000, che sempre più usano la rete per informarsi, per confrontare le diverse produzioni, ma anche per acquisire informazioni su quello che c’è dietro e dentro il prodotto.

Una generazione molto influenzata da immagini che stimolano emozioni e stati d’animo, attenta alla capacità di un brand di trasmettere saperi e conoscenze e, più in generale, di creare valore per il consumatore in considerazione dei suoi interessi, dei suoi gusti con una forte propensione  verso trasparenza e semplicità.

Oggi il tessuto imprenditoriale italiano è fatto sempre più di piccole imprese innovative, segno che stiamo evolvendo sia grazie alla globalizzazione, che fornisce alle nostre imprese stimoli e strumenti per innovare, ma anche di impresa 4.0. Personalizzazione e digitalizzazione sono tendenze che si incrociano tanto per brand già affermati, quanto per chi invece vuole diffondersi all’estero facendo dei territori e delle loro storie anche un fattore di forza verso i competitors.

Alla base di tutto, anche di una avvertita politica della comunicazione, c’è sempre per il made in Italy la capacità di personalizzare e cercare di rendere unici i nostri prodotti.

=> L'eccellenza sostenibile del Made in Italy in 10 selfie

Ecco perché abbiamo bisogno anche di reti all’estero che aiutino a far passare questi messaggi di sviluppo dei nostri prodotti, in collegamento con la business community italiana nel mondo, che rappresentano una delle più diffuse a livello globale.

Perché in un mondo sempre più interconnesso, non si tratta più solo di indirizzare le imprese verso nuovi mercati, ma bisogna collegarle meglio con le nuove opportunità, che spesso traggono ancora una volta da fattori di identità dei territori un elemento di forte vantaggio competitivo.


di Gian Domenico Auricchio
Amministratore delegato della Gennaro Auricchio e Figli SpA
Presidente dell’Associazione delle Camere di Commercio italiane all’estero