I due vicepremier continuano ad assicurare che l’aumento IVA non scatterà, anche dopo che il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha sottolineato che la misura è comunque prevista dalle clausole di salvaguardia e resta potenzialmente attivabile a gennaio 2020 e 2021.
Secondo le stime del Centro Studi di Confcommercio, per capirci, con un aumento IVA da gennaio prossimo scatterebbero maggiori costi pari ad una media di 900 euro a famiglia e di un incremento delle tasse per quasi 400 euro a testa.
La cosa peggiore sarebbe però l’impatto sui consumi: Confesercenti stima un esborso di 687 euro in più sulla stessa spesa. Insomma, tanto da annullare gli effetti sperati misure come il reddito di cittadinanza e non solo.
Il dibattito
Per Laura Castelli, sottosegretario all’Economia, nella prossima Legge di Bilancio ci sarà la sterilizzazione IVA grazie a spending review, riforma IRPEF e taglio delle agevolazioni fiscali. Un po’ quanto già detto dal Premier Giuseppe Conte nei giorni scorsi.
Comunque si faccia, «l’IVA non aumenterà» sintetizzano i vicepremier Luigi Di Maio sia Matteo Salvini. L’obiettivo del Governo, per il titolare dello Sviluppo Economico e del Lavoro, resta quello di «ridurre il carico fiscale su famiglie imprese». Da capirsi ancora come.
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Dibattito acceso, dunque, su un tema tradizionalmente caro alle imprese, ovviamente contrarie all’aumento dell’imposta sul valore aggiunto, ma con impatto grave anche per le famiglie.
A scatenarlo, l’audizione di Tria sul DEF (Documento di Economia e Finanza) davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato.
Lo scenario tendenziale incorpora gli aumenti dell’IVA.
In pratica, la legislazione vigente è confermata,
in attesa di definire nei prossimi mesi misure alternative.
Parole tutto sommato prudenti, che però hanno provocato mal di pancia all’interno della maggioranza di Governo.
Ma si tratta di un dibattito che negli ultimi anni si ripete puntualmente alla presentazione del DEF e della Legge di Bilancio, con l’Esecutivo di turno che non riesce a eliminare le clausole di salvaguardia (che servono a mettere al riparo i conti pubblici da eventuali sforamenti rispetto agli obiettivi programmati) e che di conseguenza deve costantemente assicurare il valore soltanto teorico delle clausole.
Aumento IVA programmato
La manovra (che il DEF conferma) prevede che l’IVA ordinaria salga al 25% nel 2020 e al 26,5% nel 2021 (dall’attuale 22%), mentre l’aliquota attualmente al 10% aumenterebbe di tre punti, al 13% dal 2020.
Si tratta di clausole di salvaguardia, che scattano nel caso in cui non si raggiungano gli obiettivi di Bilancio previsti.
La situazione è delicata, in considerazione del fatto che il Governo ha appena rivisto le stime di crescita 2019 al ribasso, il livello di deficit e debito al rialzo rispetto a quanto previsto nell’autunno scorso (numeri in base ai quali è stata messa a punto la manovra economica).
La risposta del Governo è il Decreto Crescita, che prevede misure espansive nel tentativo di stimolare la ripresa. Suillo sfondo, si prosegue sulla linea della riduzione della pressione fiscale.
Dunque, al di là dei calcoli e meccanismi sul valore delle clausole (circa 23 miliardi) e sulle misure per recuperarli, i punti chiave restano le politiche economiche da una parte e la necessità di far quadrare i conti dall’altra. Con un gioco delle parti ormai collaudato, che vede da una parte il Ministero dell’Economia far da garante della stabilità dei conti e dall’altra i vicepremier ribadire la linea di Governo.
Una posizione istituzionale (quella di Tria) e una politica (Salvini e Di Maio), con quest’ultimo elemento fortemente stimolato dalla campagna elettorale in corso per le elezioni europee.