Rimborsi banche: bufera sul decreto

di Anna Fabi

Pubblicato 10 Aprile 2019
Aggiornato 12 Gennaio 2022 11:08

Slitta il decreto sui rimborsi ai risparmiatori coinvolti dalle crisi banche, la misura potrebbe arrivare con il decreto Crescita ma il nodo non è soltanto tecnico: il dibattito.

L’ultimo Consiglio dei Ministri ha approvato solo il DEF ma non il decreto sui rimborsi ai risparmiatori vittime delle banche coinvolte nel salvataggio dal crac (Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, Carife e banche venete).

La questione è delicata, ci sono risvolti normativi che il Ministro Tria vorrebbe definire per evitare il rischio di compiere passi falsi e doverne poi pagare le conseguenze.

Secondo le anticipazioni, si tratta di attingere al Fondo Indennizzi Risparmiatori (FIR), con una dotazione di 1,5 miliardi di euro. La promessa di Conte è di garantire il 90% dei rimborsi, procedendo con un meccanismo automatico per i risparmiatori con reddito imponibile inferiore ai 35.000 euro o patrimonio mobiliare inferiore ai 100.000 euro.

Per il restante 10% si è proposto un indennizzo semiautomatico, con un arbitrato che dovrebbe essere reso più veloce grazie alla tipizzazione delle violazione massive e dei criteri che conducono all’erogazione diretta dell’indennizzo. Su questo punto si sono opposte le associazioni di categoria, chiedendo il rimborso integrale.

Polemiche anche sull’indipendenza della Commissione tecnica costituita presso il MEF e la sua capacità operativa, così da velocizzare i rimborsi, pari al 30% di indennizzo per gli azionisti e del 95% per gli obbligazionisti. Tuttavia, il Codacons è contrario anche su questo punto:

non può essere condiviso sia il limite del 30% di indennizzo per gli azionisti e del 95% per gli obbligazionisti, sia la volontà del Governo di non riconoscere ai risparmiatori interessi e rivalutazioni degli investimenti (non si condivide l’assunto dell’esecutivo secondo cui tali calcoli rallenterebbero le procedure di ristoro).

La soluzione a doppio binario proposta da Tria è stata in realtà concordata con Bruxelles proprio per evitare possibili veti della Commissione UE, e poter sbloccare quanto meno i rimborsi diretti fino a 35mila euro di reddito.

La misura doveva approdare in CdM ed essere approvata assieme al DEF per confluire poi nel decreto Crescita. Il nulla di fatto potrebbe essere una questione politica piuttosto che tecnica: Salvini e Di Maio avrebbero voluto giocare la carta dei rimborsi integrali per arrivare alle elezioni europee di maggio con un bel traino, che tuttavia richiede tutte le valutazioni economiche e normative del caso.

In generale, non si tratta quindi di mere questioni tecniche da limare ma di nodi di ben altro spessore.