La maggior parte dei quota 100 del 2019 vanno in pensione a 63 anni di età con 40 di contributi: le stime dell’ufficio parlamentare di Bilancio sulla composizione della platea trovano conferma nell’andamento delle domande INPS.
Sul fronte della distribuzione di genere, in base alle domande presentate fino al 12 marz0 (90mila richieste di pensione anticipata), la percentuale maschile è intorno al 70% (oltre 65mila domande). Altra conferma rispetto alle stime.
In base all’Upb, coloro che si pensioneranno con la quota 100 nel triennio 2019-2021 saranno 50% dipendenti privati, 30% pubblici e il rimanente autonomi. E qui troviamo la prima discrepanza.
Per il momento, infatti, i dipendenti pubblici stani presentando più domande di quelli del settore privato: quasi 33mila contro 31mila. Sono invece in linea con le stime le adesioni dei lavoratori autonomi.
Ci sono poi dati interessanti incrociando la composizione di genere con la tipologie di attività lavorativa. In primo luogo, l’ampia prevalenza di uomini riguarda esclusivamente il settore privato e il lavoro autonomo, nelle domande relative al pubblico le percentuali sono più bilanciate (60 e 40%). Nella Scuola, si registra il fenomeno inverso: le donne sono il doppio degli uomini.
Vediamo più nel dettaglio come si compone la platea di aventi diritto nel solo 2019.
Per quanto riguarda l’età, c’è un’ampia maggioranza di 63 e 64enni, rispettivamente al 26,9 e al 22,1%. In terza posizione i 62enni, che rappresentano il 18,4% degli aventi diritto. Sopra il 10% anche i 65enni, mentre la percentuale si riduce a una sola cifra sopra questa età.
Per quanto riguarda l’anzianità contributiva, le fasce più rappresentate sono quelle fra i 40 e i 42 anni di contributi.
Chi si ritira nel 2019 con la quota 100 nella maggior parte dei casi anticipa di 2 o 3 di anni il pensionamento rispetto alla pensione di vecchiaia, di due anni quello per la pensione anticipata. Interessante la considerazione in base alla quale
la vecchia pensione anticipata sarebbe stata utilizzata da una maggiore quota di donne (il 33% contro il 29% della quota 100).
Ciò deriva dal fatto che la quota 100 fissa un doppio requisito (seppur entrambi meno stringenti) e sono soprattutto gli uomini, con carriere più lunghe e continue, a soddisfarne la combinazione.