Proseguono a ritmo serrato i lavori della – per votare sugli emendamenti relativi al Reddito di Cittadinanza (poi si passerà alla parte del decreto relativa alla Riforma Pensioni).
Il grosso delle proposte di modifica è stato respinte, altre sono state temporaneamente accantonate per motivi di coperture ma da ridiscutere alla Camera (aumento sussidio per disabili e famiglie numerose), in altri casi ci sono stati “scambi di favore” politici: ad esempio è stata ritirata la proposta leghista per limitare i rinnovi (ad oggi, in teoria non ci sono limiti).
Ma ci sono punti su cui il voto è stato favorevole. Ad esempio, è stato inserito un nuovo requisito per gli stranieri che chiedono il Reddito di Cittadinanza: è necessaria un certificazione relativa a reddito e al patrimonio familiare rilasciata dallo stato di provenienza, fatta eccezione per i rifugiati politici e i cittadini di paesi dai quali non è possibile ottenere questo documento.
La certificazione dovrà essere tradotta in italiano e legalizzato dal consolato. L’individuazione dei paesi con obbligo o con esenzione sarà messa a punto dal ministero del Lavoro in tempio non definiti, rischiando quindi di impedire agli immigrati l’accesso al sussidio e alla possibilità di collocamento.
Altra novità, che invece rappresenta l’allentamento di un vincolo attualmente previsto, riguarda le dimissioni volontarie. L’esclusione dal RdC vale solo se il richiedente la prestazione ha dato le dimissioni nell’ultimo anno e non anche uno solo dei componenti del suoi nucleo familiare, come è previsto al momento.
Passato anche l’emendamento anti furbetti per cui, in caso di coniugi separati dopo il primo settembre 2018, il cambio di residenza deve essere certificato da un verbale della polizia locale. Tutto nasce da un boom di segnalazioni di CAF e GdF su divorzi e cambi di residenza sospetti. Separando i redditi con un divorzio fittizio, a seconda dei casi si può rientrare più facilmente nei requisiti di accesso oppure ottenere un sussidio più alto.
Per gli emendamenti al testo, tuttavia, i tempi si approvazione saranno più lunghi del previsto: l’approdo in Aula (originariamente fissato per il 19 febbraio) è ora fissato per lunedì 25 febbraio. Per rispettare il nuovo calendario, si intensificano i lavori in commissione Lavoro, con convocazioni serali fino a venerdì.