Fino al 2017, il rapporto fra occupati e pensionati e la spesa previdenziale in Italia sono rimasti sotto controllo, ma la riforma pensioni in Legge di Bilancio rischia di peggiorare entrambi gli indicatori e far salire la spesa per assistenza: sono le principali evidenze del Sesto Report di Itinerari Previdenziali sul Bilancio del sistema previdenziale italiano.
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In un momento caratterizzato da molti interventi su pensioni e assistenza, sottolinea Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi di Itinerari Previdenziali, è importante confutare luoghi comuni secondo cui la spesa per le pensioni sarebbe fuori controllo. Dal 2013 al 2017 le riforme varate, pur non esenti da criticità, hanno colto l’obiettivo di stabilizzarla.
A preoccupare sono i numeri dell’assistenza che, in assenza di un contributo di scopo, è a carico della fiscalità generale.
Vediamo la situazione fotografata dal Report. La spesa pensionistica italiana 2017 si è attestata a 220,843 miliardi, che significa il 12,87% del PIL, e scende all’11,47% del prodotto interno lordo se si escludono tutte le forme di assistenza, raggiungendo un valore in linea con la media Eurostat. Il saldo fra entrate e uscite presenta un disavanzo, pari a 21 miliardi, ma se si considera solo la spesa pensionistica pura il valore è attivo per 34 miliardi (vedi tabella).
Il numero dei pensionati si è ridotto nel 2017 in misura modesta, raggiungendo quota 16 milioni 41mila 852, che è comunque uno dei valori più bassi dal 1995. Il rapporto fra lavoratori attivi e pensionati è pari a 1,435 (era 1,417 nel 2016), avvicinandosi a quell’1,5 che rappresenta la soglia necessaria per la stabilità di medio e lungo periodo per l’intero sistema.
Un dato negativo è invece rappresentato dal numero delle prestazioni in pagamento, che aumenta e fa peggiorare il rapporto fra numero di pensionati e prestazioni, che si porta a 1,433, il più elevato nella serie storica elaborata dal Centro Studi e Ricerche. Contando la popolazione italiana complessiva, il rapporto sale a 2,630 prestazioni per abitante.
Il punto, sottolinea Brambilla, è che questo incremento, «è imputabile prevalentemente a prestazioni di natura assistenziale, e allontana quindi l’Italia da quello che dovrebbe essere un percorso virtuoso di contenimento di questo tipo di spesa».
I dati più preoccupanti sono proprio quelli relativi alla spesa assistenziale. Le prestazioni (invalidità civile, indennità di accompagnamento, pensioni e assegni sociali, pensioni di guerra) sono state nel 2017 4 milioni 82mila 876, per un costo totale annuo di 22,022 miliardi. Se si aggiungono le integrazioni al minimo e le maggiorazioni sociali, si arriva a un totale di 8 milioni 23mila 935 di pensioni assistite. I beneficiari di queste prestazioni sono la metà dei pensionati totali.
Il vero problema è che negli anni, alle prestazioni pensionistiche finanziate dai contributi, si è affiancata tutta una serie di prestazioni sociali, che si sono di fatto sommate e sedimentate nella legislazione, senza che ne sia mai stata prevista una razionalizzazione o che si istituissero controlli efficaci e incrociati tra i diversi enti erogatori.
Tra i rischi, in prospettiva estendibili anche a reddito di cittadinanza e misure analoghe, quello che queste prestazioni finiscano con l’incoraggiare furbi, evasori ed elusori, anziché essere realmente destinate ai più bisognosi.
Altri dati: il costo di tutte le attività assistenziali è ammontato a 110,15 miliardi di euro, con un tasso di crescita che in sei anno si è attestato al 5,32%, incremento superiore alla crescita del PIL e che vale oltre il 65% della spesa pensionistica al netto dell’IRPEF.
Le proposte di Itinerari previdenziali, in estrema sintesi:
- il casellario centrale dell’assistenza, migliorando l’allocazione delle risorse, potrebbe portare a un risparmio di 5 miliardi di euro l’anno,
- un maggiore e serrato controllo sull’evasione fiscale e contributiva,
- riduzione della spesa per l’assistenza.
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Infine, una critica alle novità legislative, ovvero riforma pensioni e reddito di cittadinanza : si tratta di provvedimenti che, verosimilmente, potrebbero interrompere sia la riduzione del numero delle pensioni sia il miglioramento del rapporto attivi/pensionati, facendo prevedere un incremento nel numero dei pensionati di oltre 300mila unità, senza alcun elemento equitativo nel calcolo della pensione, e un aumento della spesa assistenziale di oltre 8 miliardi (anche in virtù dell’introduzione del reddito di cittadinanza), cui non si accompagnano incentivi a favore di lavoro e produttività.
Con il rischio concreto che la spesa assistenziale superi nel 2019 i 120 miliardi di trasferimenti (142 miliardi in totale), in assenza di un’efficiente macchina organizzativa e di controllo, e in un contesto di rallentamento dell’economia del Paese.