In alcuni casi, i fringe benefit concessi ai dipendenti risultano per questi ultimi esclusi dalla tassazione in busta paga e non formano oggetto di base imponibile INPS, ma non è sempre così. Dunque, è importante conoscere anticipatamente il corretto trattamento fiscale di un piano di welfare, il quale prevede in genere una serie di servizi destinati a diverse categorie di lavoratori. La questione è stata affrontata più volte dall’Agenzia dalle Entrate, secondo cui i benefit, per essere considerati tali:
- devono essere messi a disposizione della generalità o di categorie di dipendenti,
- devono riguardare esclusivamente erogazioni in natura
- devono perseguire specifiche finalità.
In sostanza, affinché i benefit riconosciuti da un datore di datore ai dipendenti non generino imponibile per questi ultimi, è necessario che non siano rivolti ad personam o che costituiscano vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori. Se il piano di welfare lascia fuori alcuni soggetti, va verificato (ai fini della non concorrenza dei benefit alla determinazione del reddito di lavoro) se i destinatari costituiscano una “categoria di dipendenti” . In questa definizione, secondo le indicazioni fornite dalle Entrate con la circolare 5/2018, non rientrano solo con le categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai etc.), ma tutti i dipendenti di un certo tipo (di un certo livello o di una certa qualifica oppure, ad esempio, tutti i dipendenti del turno di notte), purché tale inquadramento sia sufficiente a impedire la concessione di erogazioni ad personam in esenzione da imposte.
Ricordiamo che il regime fiscale agevolato previsto dall’art. 51 del TUIR trova applicazione anche per lo stagista (titolare di reddito assimilato) e per il dipendente assunto con contratto di somministrazione a tempo determinato. Per il 2021, la franchigia massima per la concessione di fringe benefits è stata raddoppiata, per un valore massimo di 516 euro, spendibili per vari scopi.