Dal 2015 la Cina è il primo paese al mondo per le vendite online. Una leadership confermata nel 2017 con un giro d’affari superiore ai 752 miliardi di euro. Circa un terzo del fatturato di tutte le vendite globali online. A fronte di questi numeri, appare chiaro che un’azienda interessata a estendere il proprio business oltre la Grande Muraglia debba prendere in considerazione di vendere i propri prodotti sugli e-commerce. Per farlo, però, si devono tenere in considerazione tutta una serie di caratteristiche per destreggiarsi in un panorama tanto ampio, quanto spesso complesso da decifrare.
Peculiarità dell’e-commerce cinese
Lo scenario e-commerce cinese è totalmente diverso da quello a cui siamo abituati. Innanzitutto, bisogna dimenticarsi di Amazon ed eBay: in Cina sono pressoché irrilevanti.
I principali marketplace sono Tmall (appartenente al gruppo Alibaba) e JD.com, che hanno rispettivamente il 57% e il 27% delle quote di mercato. Questi due colossi dell’e-commerce cinese insieme coprono più dell’80% delle vendite B2C in Cina. Non coprono settori specifici, ma raccolgono ogni genere di bene, dall’abbigliamento all’elettronica. Accanto a loro, esiste tutta una serie di marketplace “minori”, ma fortemente specializzati su determinate categorie merceologiche. Tra i più noti troviamo per esempio Secoo e VipLux per i prodotti di lusso, Suning per l’elettronica oppure Jumei per la cosmetica.
Insomma, le piattaforme e-commerce sulle quali investire sono diverse e vanno valutate attentamente in base al target di riferimento del proprio prodotto. Nella definizione della propria strategia marketing è bene poi valutare se investire sulle piattaforme locali oppure cross-border. Questi ultimi sono marketplace autorizzati dal governo cinese, che consentono alle aziende straniere di vendere direttamente dall’estero i propri prodotti senza avere una presenza fisica sul mercato di riferimento. Big player del settore sono sempre Tmall e JD con le rispettive versioni cross-border delle loro piattaforme (Tmall Global e JD Worldwide), Vip.com e Koala.com, che detiene il primato delle vendite. Un mercato in costante crescita: si prevede che entro il 2021 il cross-border genererà un fatturato di oltre 120 miliardi contro i 70 del 2016. Quasi il doppio in soli 5 anni.
La scelta tra un e-commerce tradizionale oppure cross-border deve però tenere conto di tutta una serie di valutazioni. Per esempio, se è vero che una piattaforma cross-border permette una più facile gestione dello stock e minori costi di investimento, per contro implica tempi di consegna piuttosto lunghi. Un limite non secondario, dato che in Cina gli utenti sono abituati a vedersi recapitare la merce entro 24 ore dall’ordine. Se lo stesso genere di prodotto è offerto da un competitor sull’e-commerce tradizionale, molto probabilmente l’utente cinese prediligerà questo per l’immediata disponibilità.
A prescindere dall’approccio diretto o cross-border, nella fase di definizione della propria strategia commerciale è bene valutare se investire su piattaforme e-commerce “mainstream” oppure verticali, specializzate su determinati settori. Queste ultime permettono di raggiungere direttamente dei target ben precisi di consumatori. Un vantaggio non indifferente se il brand deve ancora affermarsi sul mercato di riferimento.
=> Digital Marketing in Cina:
primi passi per avere successo oltre la Grande Muraglia
La chiave del successo
Sconti ma non solo. Spesso si associa il successo dell’e-commerce alla possibilità di poter acquistare i prodotti a dei prezzi inferiori al tradizionale retail. Una regola valida anche in Cina, anche se non è la sola. Nelle grandi città di prima fascia come Pechino e Shanghai, dove gli spostamenti sono spesso difficili per il traffico congestionato, poter comprare online riduce le distanze ottimizzando i tempi. Nelle città di terza e quarta fascia (sono oltre 260 le città con oltre un milione di abitanti), invece, l’e-commerce permette di ovviare a una rete retail non capillare, incrementando così la possibilità di scelta per il consumatore. In Cina lo shopping online non è un’opzione, ma un’esigenza e una realtà consolidata. Specialmente da quando i pagamenti online sono diventati una consuetudine e gli utenti cinesi sono abituati ad avere tutto a portata di click grazie a WeChat.
Il Fashion tira, il Food & care cresce
A farla da padrone nelle vendite online è il mondo della moda: nel 2017 il settore fashion ha generato un fatturato di oltre 140 miliardi di euro. Seguito dall’elettronica (99 miliardi) e dell’arredo & design con oltre 70 miliardi. Il settore che su base annua è cresciuto maggiormente è però quello del Food & Care (+34%), che nel 2017 ha raggiunto i 38 miliardi di euro. Un trend destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni, dato che le generazioni più giovani dei cinesi ricercano uno stile di vita sano e sono più attenti all’ambiente e alla salute.
Ma l’e-commerce non basta
Come si evince dai numeri di cui sopra, in Cina oggi – e ancora di più domani – è fondamentale essere presenti sulle piattaforme e-commerce. Ma questo non è sufficiente per raggiungere risultati ottimali. La chiave del successo è mettere a punto una strategia marketing integrata che posizioni il prodotto sugli e-commerce sostenuta da un piano articolato di comunicazione sui canali digitali. Se questo può forse apparire scontato, in Cina si rileva fondamentale. Gli utenti cinesi hanno un percorso di acquisto più complesso degli europei, fatto di diverse tappe. Abituati a relazionarsi in un mercato dove la contraffazione è all’ordine del giorno in tutti i settori merceologici, i consumatori sono piuttosto diffidenti e difficilmente procedono all’acquisto d’impulso. Specialmente se un prodotto o un Brand non sono popolari. Lavorare sulla brand awareness è quindi il primo passo necessario da compiere, pianificando investimenti sui principali social network. Con due obiettivi: da una parte far conoscere il brand/prodotto, dall’altra guidare traffico verso l’e-commerce. Weibo e WeChat sono un’ottima base di partenza per questa operazione.