Codice della crisi: la riforma è pronta

di Anna Fabi

14 Gennaio 2019 11:20

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Procedure di allerta anti fallimento per ricomporre le crisi d'impresa: approvato il nuovo Codice della Crisi e dell'Insolvenza, a regime nel 2021.

Il 10 gennaio, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il decreto legislativo che sancisce la definizione del nuovo Codice della crisi d’impresa, la cui novità più rilevante è probabilmente l’introduzione delle procedure di allerta. Il nuovo dettato normativo mira infatti a valorizzare gli strumenti che mirano proattivamente a scongiurare il fallimento, agendo preventivamente nelle situazioni di difficoltà finanziaria.

=> Come funziona il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza

La riforma entrerà in vigore soltanto 18 mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto. Nel frattempo, cerchiamo di capire come funziona questa procedura di allerta e quali effetti a catena comporta.

Il nuovo Codice della crisi e dell’insolvenza (non a caso, volutamente non si parla di “fallimento”) istituisce la procedura di ricomposizione della crisi d’impresa (o comunque di una maggiore tutela dei creditori), guidata da un apposito Organismo (Ocri), con il compito di affrontare le situazioni contingenti sfruttando le proprie competenze.

Ad esserne membri possono essere anche figure già vicine all’azienda, ad esempio i loro stessi consulenti. Secondo la norma, però, presso il Ministero della Giustizia dovrà essere istituito un albo di soggetti abilitati, su incarico del tribunale, della gestione o del controllo di procedure concorsuali.

Dunque, da un lato il nuovo Codice della crisi mira a prevenire situazioni di non ritorno (fallimento, che però d’ora in poi si chiamerà liquidazione giudiziale), dall’altro a garantire una certa continuità aziendale (anche per questo, si darà precedenza  alle procedure alternative a quelle dell’esecuzione giudiziale) tutelando tanto i creditori quanto i debitori.

Come? Per prima cosa facendo differenza tra crisi (rischio di insolvenza) e insolvenza vera e propria. E poi istituendo degli indicatori di crisi per misurare la difficoltà finanziaria in relazione al tipo d’impresa.

Le riforma (in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155), inoltre:

armonizza le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro con forme di tutela dell’occupazione e del reddito di lavoratori.

Si prevede poi una corsia preferenziale per i piani che comportano il superamento della crisi d’azienda e la continuità di business. Solo se la procedura di ricomposizione della crisi non dovesse avere un riscontro positivo ci si rifarà ai consueti strumenti, pur semplificando la burocrazia e riducendo tempi e costi.

Già oggi, ricordiamo, la Legge 3/2012 consente (ai soggetti non fallibili, però) di definire una sorta di piano di rientro, che possa dare ai creditori garanzie tali da giustificare anche una riduzione del debito da sanare o un allungamenti dei termini di rimborso.