Non c’è solo la quota 100 nel decreto di Riforma Pensioni del Governo atteso a breve in consiglio dei ministri (provvedimento che contiene anche le regole sul reddito di cittadinanza) ma anche l’attesa estensione dell’Opzione Donna e l’insperata proroga di un anno per l’APe Sociale. Nel primo caso, è stato esteso il periodo di applicazione a tutto il 2019, nel secondo è previsto un allargamento della platea di lavoratrici che possono ritirarsi con 35 anni di contributi. Vediamo con precisione come si configurano queste due misure.
APe Sociale 2019
L’APe Sociale, in scadenza a fine 2018, è stato prorogato per l’intero 2019. Quindi, è ancora possibile per quest’anno chiedere la misura di welfare che consente a chi ha almeno 63 anni – ed è ricompreso in una delle categorie di aventi diritto – di uscire in anticipo dal mondo del lavoro. La norma inserita nel decreto è speculare a quella attuativa dell’APe Social (commi 179 e seguenti legge 232/2016). Quindi, dal primo gennaio al 31 dicembre 2019 possono chiedere la prestazione i lavoratori di almeno 63 anni che appartengono a una delle seguenti categorie.
- Disoccupati in seguito a licenziamento, dimissioni per giusta causa, risoluzione consensuale nell’ambito della procedura prevista dall’articolo 7 della legge 604/1966, scadenza contratto a termine con almeno 18 mesi di lavoro nei tre anni precdenti. Questi lavoratori devono avere utilizzato gli ammortizzatori sociali, che devono essere terminati da almeno tre mesi, e devono avere almeno 30 anni di contributi.
- Caregiver che assistono da almeno sei mesi un parente in condizioni di handicap grave. Deve trattarsi del coniuge, di un parente di primo grado convivente, oppure di un parente o affine fino al secondo grado convivente nel caso il cui coniuge o genitori abbiano più di 70 anni o siano a loro volta affetti da patologie invalidanti. Anche qui, 30 anni di contributi.
- Persone con ridotta capacità lavorativa (almeno al 74%) e 30 anni di contributi.
- Addetti a mansioni gravose con contratto da dipendenti, che svolgono uno dei 15 lavori previsti dall’allegato c della legge 232/2016 da almeno sette anni negli ultimi dieci oppure da almeno sei anni negli ultimi sette. Ecco i 15 lavori gravosi: addetti alla concia di pelli e pellicce, addetti ai servizi di pulizia, addetti spostamento merci e/o facchini, conducenti di camion o mezzi pesanti in genere, conducenti treni e personale viaggiante in genere, guidatori di gru o macchinari per la perforazione nelle costruzioni, infermieri o ostetriche che operano su turni, maestre/i di asilo nido e scuola dell’infanzia, operai edili o manutentori di edifici, operatori ecologici e tutti coloro che si occupano di separare o raccogliere rifiuti, chi cura, per professione, persone non autosufficienti, lavoratori marittimi, pescatori, operai agricoli, lavoratori siderurgici. Ci vogliono 36 anni di contributi.
Attenzione: in tutti i casi sopra esposti, è previsto un requisito contributivo ridotto per le lavoratrici madri pari a 12 mesi per ogni figlio fino a un massimo di due anni.
L’APe Sociale, lo ricordiamo, è un’indennità che dura fino al conseguimento della pensione di vecchiaia (o anticipata, nel caso in cui l’assistito maturi il diritto mentre percepisce l’APe) ed è pari alla pensione maturata al momento dell’accesso alla prestazione, ma fino a un tetto massimo di 1500 euro. Non è compatibile con l’attività lavorativa ma è possibile cumulare redditi da lavoro dipendente o parasubordinato fino a 8mila euro lordi annui, o da lavoro autonomo fino a 4mila 800 euro.
Opzione Donna
Le lavoratrici che scelgono questa forma di pensione accettano il calcolo interamente contributivo dell’assegno, che quindi sarà più basso (il taglio può arrivare al 20-30% rispetto alla pensione mista).
=> Pensioni: guida al sistema contributivo
La nuova norma prevede l’allargamento della platea. Possono accedere a questa formula di pensione anticipata le lavoratrici dipendenti nate entro il 31 dicembre 1959 e le autonome nate entro il 31 dicembre 1958. La formulazione precedente, invece, consentiva l’accesso alle dipendenti nate entro il 31 dicembre 1958 e alle autonome con un anno in più (nate quindi entro la fine del ’57). In pratica, è stata alzata di un anno l’età per chiedere l’Opzione Donna. Resta il requisito contributivo di 35 anni.
Attenzione: si applicano le finestre di uscita, per cui dalla maturazione del diritto alla decorrenza della pensione passano 12 o 18 mesi, rispettivamente per lavoratrici dipendenti e autonome.