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Rientro cervelli con maternità piena

di Barbara Weisz

Pubblicato 16 Dicembre 2020
Aggiornato 30 Dicembre 2020 10:49

Le libere professioniste che utilizzano i vantaggi fiscali per il rientro dei cervelli calcolano la maternità sul reddito effettivo: l'indennità resta piena.

La lavoratrice libera professionista che rientra in Italia dopo un periodo di studio o di lavoro all’estero, utilizzando una misura di agevolazione fiscale per il rientro dei cervelli, ha diritto alla maternità piena. In parole semplici, l’indennità resta pari all’80% del reddito e dura cinque mesi. Non viene quindi parametrata all’imponibile fiscale (abbattuto in virtù delle misure per impatriati) ma al reddito percepito.

=> Rientro cervelli: tutti gli incentivi fiscali

La precisazione riguarda l’articolo 70, comma 2, del dlgs 151/2001, in base al quale – in via generale – la lavoratrice avrebbe diritto all’indennità di maternità nella misura dell’80%:

del solo reddito professionale percepito e denunciato ai fini fiscali come reddito da lavoro autonomo nel secondo anno precedente a quello dell’evento.

La situazione cambia con l’applicazione delle agevolazioni sul rientro dei cervelli, previste dalla legge 238/2010 e dal dlgs 147/2015. La prima norma prevede che l’imponibile fiscale delle professioniste che rientrano dall’estero si riduca del 30%, mentre la seconda istituisce uno sgravio al 50%.

Ebbene, in entrambi i casi, la ratio della norma è quella «di contribuire allo sviluppo del Paese mediante la valorizzazione delle esperienze umane, culturali e professionali maturate dai cittadini dell’Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno 24 mesi in Italia e che decidano di farvi ritorno» (cfr.: interpello 7/2018 Min. Lavoro).

Non avrebbe senso istituire una penalizzazione per la lavoratrice madre. La quale, di conseguenza, continua ad aver diritto alla parametrazione dell’indennità di maternità al reddito pieno, «proprio al fine di realizzare le tutele individuate dal legislatore.

Fra l’altro, il reddito effettivamente percepito e denunciato continua a costituire la base imponibile per il versamento dei contributi di previdenza obbligatoria.

«Considerare quale base imponibile ai fini previdenziali il reddito abbattuto ai fini fiscali, la professionista che goda dei suddetti incentivi verrebbe a maturare, in corrispondenza, prestazioni pensionistiche proporzionalmente ridotte, senza in definitiva fruire di alcun beneficio».

E la stessa considerazione si applica alla fruizione dell’indennità di maternità, che dura cinque mesi analogamente a quella per le lavoratrici dipendenti.