Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto importante riguardo la deducibilità dal reddito dei contributi previdenziali versati dagli avvocati alla Cassa Forense. Secondo gli Ermellini, infatti, il beneficio fiscale non sussiste nel caso in cui il costo viene ribaltato sui clienti anche qualora si tratti di versamento obbligatorio.
Il professionista può ottenere la deducibilità dei contributi, ad esempio, quando versa il contributo minimo richiesto per mantenere l’iscrizione alla Cassa Forense, importo che non si basa sulla fatturazione delle prestazioni professionali erogate. La sentenza riguarda, nello specifico, il ricorso presentato da un avvocato chiamato a saldare una cartella di pagamento relativa al versamento IRPEF come tassazione sui contributi previdenziali e assistenziali obbligatori.
È pacifico – cita la sentenza – che l’importo del 2% (ora del 4%) del fatturato riportato nella parcella sia a carico del cliente, sicché il relativo importo non fa parte delle componenti del compenso e nulla pertanto va dedotto, esulando dalla fattispecie prevista dall’art. 10 del TUIR. Né il caso di specie rientra nelle ipotesi di versamenti eseguiti dal contribuente (professionista) senza che il costo sia ribaltato sul cliente, come ad esempio nel caso in cui il contributo integrativo minimo sia stato versato alla Cassa forense a prescindere dalla fatturazione di prestazioni, perché necessario al raggiungimento dell’importo minimo richiesto per la permanenza della iscrizione alla medesima Cassa (in questa ipotesi deducibile).