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Quota 100: taglio pensione fino al 30%

di Barbara Weisz

13 Novembre 2018 15:10

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La pensione con la quota 100 non prevede penalizzazione, ma i minori contributi per ogni anno di anticipo abbassano l'assegno, fino al 30% per chi si ritira sei anni prima: audizione Upb sulla Legge di Bilancio.

La pensione con la quota 100 può costare fino al 30% dell’importo a chi si ritira con sei anni di anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla Legge Fornero: i calcoli sono dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, presentati in audizione in commissioni riunite di Camera e Senato sulla Legge di Bilancio.

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L’ufficio fornisce poi una lunga serie di previsioni sull’applicazione della quota 100 a partire dal 2019. Le penalizzazioni sul’assegno, rileva Giuseppe Pisauro, presidente UpB, crescono dal 5% in caso di anticipo di un anno a oltre il 30% se l’anticipo è di oltre quattro anni. Ebbene, rispetto all’attuale età media di pensionamento, coloro che nel 2019 soddisfano i requisiti per usufruire di quota 100 potrebbero andare in pensione con un anticipo medio poco inferiore a 2,5 anni.

La platea potenziale dei beneficiari è stimata in 475mila persone, di cui 437mila contribuenti attivi. Il 43% è rappresentato da dipendenti privati (220mila) e il 36% da dipendenti pubblici (oltre 156mila). Circa il 90% possiede i requisiti già a fine 2018, il restante 10% li maturerebbe durante l’anno.

Più del 70% del totale delle nuove pensioni liquidabili nell’anno deriverebbero dal canale quota 100.

Oltre il 68% è rappresentato da uomini. Poco più della metà (52,8%) delle pensioni con quota 100 potenzialmente liquidate nel 2019 sarebbe calcolata con il retributivo, la rimanente parte con il sistema misto. L’importo medio lordo della pensione dei privati e dei pubblici sarebbe di poco inferiore a 33mila euro, superiore a quella degli autonomi (circa 18mila euro). Mediamente l’assegno pensionistico lordo ammonterebbe a 30mila euro.

Così come previsto dai numeri inseriti nella Legge di Bilancio, se per ipotesi tutti gli aventi diritto nel 2019 utilizzassero questa possibilità, e i primi assegni venissero versati in aprile, la spesa pensionistica aumenterebbe di quasi 13 miliardi. Si tratta comunque di calcoli teorici, basati sull’ipotesi che l’intera platea degli aventi diritto aderisca nel 2019.

In realtà, rileva Pisauro: la scelta dipende da molteplici fattori, oggettivi (tasso di sostituzione tra pensione e retribuzione, presenza di altri redditi personali o nell’ambito del nucleo familiare, possibilità di svolgere altra attività lavorativa dopo il pensionamento), e soggettivi (condizione di salute e percezione della penosità del lavoro).

Il numero effettivo dei pensionati con quota 100 sarà quindi verosimilmente inferiore a quello massimo stimato.

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Fra l’altro, bisogna attendere di capire come saranno disegnati i futuri provvedimenti, in particolare, se verranno previste limitazioni (divieto di cumulo con quello da lavoro, finestre di uscita, perdita contributi figurativi, ricalcolo contributivo). Infine, bisogna considerare che l’assegno si riduce con l’anticipo di uscita. A ogni anno di anticipo, in ragione dei minori versamenti contributivi realizzati, corrisponde un minore importo della pensione.

Ricordiamo che la quota 100 è finanziata dalla manovra (6,7 miliardi nel 2019 e 7 miliardi a partire dal 2020) che però rimanda a un successivo provvedimento legislativo la regolamentazione. In pratica, per far debuttare la misura sarà necessario un nuovo provvedimento del Governo.