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Inglese e sviluppo economico: Italia fanalino di coda

di Anna Fabi

Pubblicato 7 Novembre 2018
Aggiornato 16 Gennaio 2019 11:05

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Report EF svela il ruolo strategico dell’inglese a livello economico e la correlazione tra conoscenza della lingua, facilità di fare affari, innovazione e indice di sviluppo umano.

L’ultimo report EF EP di EF Education (che eroga servizi di formazione linguistica aziendale e viaggi studio) valuta la conoscenza dell’inglese di 88 Paesi nel mondo, rivelandone la correlazione diretta con la facilità di fare impresa, l’innovazione e l’indice di sviluppo umano, che classifica la qualità della vita di un Paese in base all’aspettativa di vita, all’istruzione e al reddito lordo pro capite. In ambito business, chi non parla inglese ricava il 19% in meno dal lancio di nuovi prodotti e servizi, rispetto ai concorrenti con una migliore internazionalità nei team di gestione.

Inglese: Italia maglia nera

Le aziende italiane non sembrano comprendere l’importanza della lingua per rimanere competitive e promuovere l’innovazione in uno scenario di mercato sempre più globalizzato: l’Italia risulta penultima nell’Unione Europea e alla posizione 34/88 a livello mondiale. Una grave pecca considerando che la crescita dell’e-commerce ad un tasso medio del 20% annuo globale pone proprio nella conoscenza dell’inglese le basi per capitalizzare appieno questa opportunità.

=> Internazionalizzazione: il ruolo della lingua

Va però sottolineato che in Italia si registra una crescita nel livello di conoscenza tra gli adulti rispetto all’anno precedente, benché in misura non sufficiente a cambiare la sua posizione nella classifica.

In questo contesto sicuramente non giova la decisione del Consiglio di Stato del 29 gennaio scorso, che proibisce agli Atenei di offrire corsi di laurea esclusivamente in inglese, basata sulla necessità di preservare la lingua italiana.

Bisognerebbe piuttosto prendere esempio dai 22 Paesi in Europa che mostrano il più alto livello di conoscenza dell’inglese rispetto al resto del mondo. Al primo posto c’è la Svezia, seguita dagli altri Paesi nordici, che nel complesso presentano elevata conoscenza grazie ai solidi sistemi di istruzione, esposizione quotidiana all’inglese nei mass media ed una radicata cultura all’insegna del multilinguismo.

Il plus delle donne

In generale, ad essere più preparate sono le donne che parlano l’inglese meglio degli uomini, sia a livello globale che nella maggior parte dei Paesi, indipendentemente dalla regione, dalla ricchezza e dal livello di conoscenza complessivo. Un dato confermato in tutte le otto edizioni dell’EF EPI.

E anche su questo fronte le aziende non si dimostrano capaci di valorizzare a pieno il plus offerto dalla forza lavoro femminile e non lo valorizzano quanto potrebbero. A confermarlo il Rapporto sul divario di genere globale del World Economic Forum, che misura lo spazio delle donne rispetto agli uomini in termini di istruzione, emancipazione politica e salute: se si correlano i risultati dello studio con l’EF EPI diventa evidente come le organizzazioni che valorizzano l’uguaglianza di genere tendano ad essere più ricche, aperte e orientate all’estero.