Continua a crescere il settore dell’influencer marketing che ormai, con un giro d’affari da milioni di euro, non può più essere considerato una bolla passeggera, anzi il mercato si dimostra pronto per avere una visione più di lungo periodo e più strategica per quanto riguarda le attivazioni di questo tipo di attività promozionali.
A dare un’idea di quanto oggi i brand spendano ed investano nell’influencer marketing sono i dati del primo Influencer Marketing Report italiano frutto della survey condotta da IED con le agenzie AKQA e FLU nell’ambito dell’Osservatorio sull’Influencer Marketing istituito in IED tra luglio e settembre 2018 su professionisti dei comparti marketing e prodotto, digital PR e social media e sul top management di aziende di vario settore.
Elena Sacco, Direttore della Scuola di Comunicazione IED Milano, spiega:
Analizziamo fenomeni spesso passeggeri nel marketing e, accanto a questi, nuove discipline: è fondamentale per noi monitorare costantemente il mercato ed i trend al fine di avere sempre una visione molto contemporanea e, a volte, essere precursori in ambito formativo. Da qui la genesi del primo osservatorio di influencer marketing in Italia. Questa ricerca ci conferma che l’influencer marketing sulla scia di un andamento globale e fortemente radicato negli Usa – è un settore che va verso la maturazione e in cui s’investe molto e in modo continuativo nelle grandi aziende e nelle start-up ma in cui è necessaria formazione per ottenere i principali obiettivi di ROI.
Budget
Tra i dati di maggiore rilievo quello che rivela come il 21% delle aziende che ha risposto alla survey abbia dichiarato di spendere più di 50.000 euro in influencer marketing. In media gli investimenti vanno dai 10 ai 50mila euro: il 36% ha investito da 1.000 a 10mila euro, il 39% da 10 a 50 mila. C’è poi un 5% che ha speso 0 euro, ossia ha condotto operazioni di questo tipo senza investire risorse economiche.
Ad aver allocato budget più consistenti sono le multinazionali (30%), mentre a puntare sul “costo zero” sono per lo più start-up (10%), che risultano essere però anche le più rappresentative (60%) nella fascia di spesa da 1.000 a 10 mila euro. Il 65% di chi già la utilizza prevede un aumento del budget sull’attività nel 2018 e il 79% di questi prevede un incremento ulteriore per il 2019. Il 29% dei non utilizzatori tra gli intervistati dichiara infatti di voler iniziare a utilizzarlo prossimamente.
Attività continuative o one-shot
Il 62% dei brand dichiara di realizzare attività continuative in influencer marketing attivando quindi le quattro leve essenziali di questo tipo di attività – scouting, strategia, ideazione creativa, reportistica e analisi – contro invece attività one shot. Le realtà che maggiormente hanno strutturato attività continuative sono le start-up (il 70% ha risposto in maniera affermativa), mentre a ricorrere ad attività one shot sono per lo più le PMI (45%).
Formazione
Il 60% degli intervistati che hanno fatto ricorso all’influencer marketing si è rivolto per l’ideazione e la conduzione dei progetti ad agenzie specializzate, in particolare agenzie di influencer marketing puro (36%) e agenzie social (29%), mentre un restante 14% si è rivolto direttamente a network di influencer. A questo importante dato si aggiunge quello che evidenzia come in azienda ben il 52% degli intervistati afferma di non avere una risorsa specializzata che si occupa dei progetti di influencer marketing.
I professionisti esterni, secondo la percezione degli intervistati, rappresentano un valore aggiunto soprattutto per quanto riguarda la fase di scouting degli influencer più idonei per una campagna, attività al primo posto per preferenza tra i servizi richiesti alle realtà specializzate (38% dei rispondenti). Seguono, nell’ordine, la reportistica e analisi (26%), la strategia 20%, l’ideazione creative (16%).
Interessante il dato riguardante i servizi meno richiesti alle realtà specializzate in influencer marketing che colloca agli ultimi posti la strategia le idee creative, nonostante tra i primi criteri di insoddisfazione per i brand che non hanno realizzato campagne in influencer marketing o che si ritengono poco soddisfatti da quelle che hanno realizzato nel 2018 vi siano, appunto, una carenza di strategia e delle idee creative distintive.
Un dato che fa emergere la necessità, a livello formativo, di concentrarsi maggiormente su questi due aspetti, facendo in modo che le risorse che lavorano all’influencer marketing all’interno delle agenzie e dei brand siano pronti a rispondere alle esigenze strategiche e creative che sono la base per delle campagne di influencer marketing efficaci. Non a caso l’88% degli intervistati concorda sulla necessità di formazione specialistica per accrescere le proprie competenze nell’ambito, con percorsi particolarmente focalizzati proprio sulla strategia.
Risultati tra soddisfazione e diffidenze
Il 24% degli intervistati non si ritiene soddisfatto del lavoro svolto con gli influencer. A pesare su questa percezione sono soprattutto:
- i problemi di misurazione dei risultati/KPI (per il 28%);
- la mancanza di pianificazione/strategia sul lungo periodo (26%);
- la mancanza di fiducia nell’influencer marketing (21%);
- la scarsa professionalità/disponibilità dell’influencer (11%);
- la scelta errata dell’influecer problemi (9%).
Con riferimento ai criteri di valutazione dell’adeguatezza dell’influencer spiccano l’affinità con il brand (35%) e l’allineamento all’audience target (19%), a cui seguono l’analisi quali/quantitativa dei contenuti (13%) e l’influencer score (7%).
Chi non ricorre all’influencer marketing è frenato soprattutto dalla diffidenza in questo tipo di attività, dalla mancanza di necessità o di strategia, dai limiti di budget, nonché dal core business BtoB con un target difficilmente raggiungibile attraverso influencer e dalla difficoltà nell’individuare un partner giusto.