È licenziabile il lavoratore vicino alla pensione a prescindere dall’area del suo impiego, a stabilirlo è stata una sentenza della Corte di Cassazione (numero 24755/2018) con la quale è stata ribaltata la decisione della Corte d’Appello, che aveva dato ragione al lavoratore coinvolto nella procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223/1991, ritenendo una sorta di abuso la mobilità applicata in via trasversale a tutta la forza lavoro impiegata nell’azienda.
Efficacia trasversale dell’accordo collettivo
Di diverso parere la Corte di Cassazione, secondo la quale l’accordo collettivo sindacale per la riduzione del personale ha efficacia trasversale e può includere anche lavoratori impiegati in altri settori produttivi dell’azienda presso cui si è registrata la situazione di eccedenza, rispettando il criterio selettivo della maggiore vicinanza alla pensione.
Possono dunque essere oggetto della riduzione del personale anche i lavoratori impiegati in altre aree dell’azienda che non avrebbero inteso aderire alla mobilità volontaria e che sono stati licenziati trovandosi nelle vicinanze dell’età pensionabile.
Nel caso esaminato dai giudici supremi, con riferimento alla procedura di licenziamento collettivo ai sensi della legge 223/1991, l’accordo sindacale aveva incluso – sulla base del criterio della maggiore vicinanza alla pensione – prestatori impiegati in aree dell’impresa presso le quali non si era registrata alcuna situazione di eccedenza di personale.
Il lavoratore coinvolto dal licenziamento era invece impiegato in altri settori dell’impresa rispetto a quelli menzionati dal datore di lavoro nella comunicazione di avvio della procedura di mobilità. La Corte di Cassazione ha quindi ricordato una recente pronuncia della stessa Corte, ribadendo il principio secondo il quale:
In tema di licenziamenti collettivi diretti a ridimensionare l’organico al fine di diminuire il costo del lavoro, il criterio di scelta unico della possibilità di accedere al prepensionamento, adottato nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali, è applicabile a tutti i dipendenti dell’impresa a prescindere dal settore al quale gli stessi siano assegnati, senza che rilevino i settori aziendali di manifestazione della crisi cui il datore di lavoro ha fatto riferimento nella comunicazione di avvio della procedura, valorizzando tale soluzione, in linea con la volontà del legislatore sovranazionale, espressa nelle direttive comunitarie recepite dalla I. n. 223 del 1991 e codificata nell’art. 27 della Carta di Nizza, il ruolo del sindacato nella ricerca di criteri che minimizzino il costo sociale della riorganizzazione produttiva, a vantaggio dei lavoratori che non godono neppure della minima protezione della prossimità al trattamento pensionistico” (Cass. n. 19457/2015; conf. Cass. n. 14170/2014; Cass. 21374/2016).
Criterio selettivo
In questo modo a prevalere è il criterio della prossimità al trattamento pensionistico come strumento per ridurre al minimo l’impatto sociale della riorganizzazione, salvaguardando i lavoratori che non potrebbero beneficiare, a seguito del licenziamento per riduzione di personale, della protezione sociale garantita dal prepensionamento.