Il blocco degli aumenti retributivi previsto per il pubblico impiego relativamente agli anni 2011-2015, stabilito con la Legge 122/2010, non può influire sul calcolo della pensione concessa ai lavoratori statali.
Lo ha stabilito la Corte del Conti accogliendo il ricorso di un dipendente della Guardia di Finanza avviato in merito alla richiesta di ricalcolo del trattamento pensionistico, che inizialmente non comprendeva gli scatti stipendiali maturati durante il blocco negli anni 2011-2015, successivamente prorogato.
Escludendo il computo degli aumenti mancati, infatti, la pensione era stata calcolata in base alla retribuzione relativa al 2010, di importo inferiore allo stipendio che il lavoratore avrebbe dovuto raggiungere negli anni di blocco.
Secondo quanto affermato dalla Corte Costituzionale in alcune sentenze precedenti richiamate dalla Corte dei Conti, infatti, le misure relative al blocco retributivo dovevano essere considerate come temporanee ed eccezionali, pertanto applicabili a fini previdenziali.
Il giudice ha quindi stabilito:
il diritto della parte ricorrente, ai fini della determinazione della base contributiva e di calcolo della pensione, agli emolumenti pensionabili derivanti dalla progressione di carriera avvenuta durante la cristallizzazione delle retribuzioni, nel periodo dal 1 gennaio 2011 al 31 dicembre 2015.
Sarà l’INPS a dover versare le somme dovute a titolo di arretrati.