Nuovo stop al Redditometro, lo strumento di accertamento induttivo del Fisco nato con l’obiettivo di contrastare il fenomeno dell’evasione fiscale, temporaneamente sospeso e da pochi giorni rispolverato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Dopo le accese polemiche sollevatesi nei giorni scorsi, anche a livello politico, il Governo ha deciso di congelare nuovamente lo strumento.
Il Governo sospende il nuovo Redditometro
Il Decreto Dignità (articolo 10, dl 79/2018) lo aveva reso non più applicabile a partire dagli anni di imposta successivi al 2015 e impedendo al Fisco di effettuare accertamenti sintetici fondati su elementi indicativi della capacità di reddito fino a quando non fossero fissati nuovi criteri ministeriali con apposito decreto, mai arrivati.
I primi di maggio il MEF lo aveva riattivato per i controlli a partire dal 2016, salvo le prescrizioni, modificando tuttavia parametri e funzionamento. Adesso è arrivato il nuovo stop.
La posizione di Giorgia Meloni sul Redditometro
Sui social, la premier si era espressa così nelle ultime ore:
Mai nessun “grande fratello fiscale” sarà introdotto da questo Governo. Sono sempre stata contraria a meccanismi invasivi di redditometro applicati alla gente comune.
Nella serata di mercoledì 22 maggio c’è stato poi un vertice a Palazzo Chigi con il viceministro all’Economia Maurizio Leo, al termine del quale, in un video sempre sui social, Meloni ha annunciato la sospensione del decreto in attesa di ulteriori approfondimenti e riflessioni.
L’atto di indirizzo del MEF
A chiusura della vicenda, nella serata di giovedì 23 maggio, il Viceministro all’Economia Maurizio Leo, assieme al Capo del Dipartimento delle Finanze, Giovanni Spalletta, ha firmato il seguente atto di indirizzo:
l’avvio delle attività applicative conseguenti all’emanazione del decreto ministeriale 7 maggio 2024, attuativo del quinto comma dell’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è differito all’entrata in vigore dei provvedimenti che dispongono le modifiche normative di cui in premessa.
Dunque, è previsto un nuovo decreto di riforma del Redditometro, nell’ambito della delega fiscale.
Come avrebbe dovuto funzionare il nuovo Redditometro
Il decreto MEF 7 maggio 2024 (Determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche) – ossia il provvedimento che il Governo ha sospeso – individuava gli elementi indicativi della capacità contributiva per la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, costituito dalla spesa sostenuta e dalla propensione al risparmio del contribuente e dei familiari a suo carico.
Per il calcolo del Redditometro, ai fini della determinazione sintetica del reddito il Fisco mirava a tenere conto di quanto viene speso nel periodo d’imposta oggetto di osservazione e lo confronta con i redditi posseduti nel medesimo periodo.
Il decreto della discordia prevedeva anche una nuova metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti.
In caso di scostamento rilevante (superiore al 20%), sarebbero partire gli accertamenti lasciando la possibilità al contribuente di provare che le spese sono state finanziate con altri mezzi.
Accertamento sintetico della capacità contributiva
Il decreto sospeso individuava le informazioni utilizzabili per determinare la capacità contributiva, suddividendo i campioni di contribuenti in 11 tipologie di nuclei familiari e cinque aree territoriali nazionali.
Nella valutazione della capacità contributiva, il Fisco avrebbe tenuto conto sia dei beni posseduti e degli investimenti effettuati, che della spesa complessiva ed effettiva del contribuente, della composizione del nucleo familiare e della zona geografica di provenienza.
Il redditometro sarebbe dovuto servire quindi per comprendere la provenienza del denaro per gli acquisti di immobili, automobili, seconde case e spese per le bollette.
Voci di spesa e redditi familiari del contribuente
Il redditometro, per come lo aveva pensato il Viceministro Leo, considerava tutte le spese sostenute dal contribuente, dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico, escludendo quelle relative a beni e servizi legati esclusivamente all’attività di impresa o all’esercizio di arti e professioni, purché tale circostanza risulti da documentazione idonea.
Non sarebbero stati solo i beni posseduti immobili, le quote di risparmio accumulate negli anni e gli investimenti ad essere sottoposti ad indagine, ma anche le spese effettive del contribuente in confronto a quanto dichiarato. Le uniche non considerate saranno esclusivamente quelle relative all’attività di impresa.
Le voci di spesa che sarebbero state controllate
- spese sostenute dal contribuente in base ai dati in anagrafe tributaria;
- spesa presunte per alimentari, energia, istruzione, sanità e beni in tabella A del DM;
- spesa per beni e servizi per mantenere uno standard di vita accettabile;
- incrementi patrimoniali imputabili al periodo d’imposta, nella misura indicata in tabella A;
- risparmi nell’anno non utilizzati per consumi, investimenti e altre spese.
Non è dunque bastata neppure la possibilità di difendersi tramite “prova contraria” a spianare la strada al provvedimento. Adesso, torna tutto come prima. Almeno fin dopo il voto delle europee che di certo il Governo non ha voluto mettere a rischio con una misura così impopolare.