Chi parcheggia l’auto davanti al cancello della casa di qualcun altro commette reato di violenza privata poiché di fatto si esercita sulla “vittima” un’azione coattiva che non consente alla persona offesa di esercitare liberamente il proprio volere.
Una nuova sentenza di Cassazione (sezione V Penale, sentenza n. 51236/2019) conferma l’orientamento già espresso in materia dalla Suprema Corte con il pronunciamento 40482/2018, che aveva chiarito i casi in cui si configura il reato di violenza privata.
Una regola che può dunque applicarsi per case private e condomini – anche senza passo carrabile evidentemente – coinvolgendo qualunque tipologia di veicolo (comprese auto aziendali, con le responsabilità del caso).
Nell’ultimo caso esaminato, la sentenza riguardava il ricorso di un condannato per reato di violenza privata si era rifiutato di rimuovere l’auto dall’ingresso di un cortile comune, impedendone l’accesso al vicinato. Nel primo caso esaminato dai giudici, invece, si era arrivati alla condanna del soggetto che, per giorni, aveva impedito la chiusura del cancello posto sul limitare della proprietà della vittima, nonché il transito attraverso tale apertura, parcheggiandovi un’autovettura e sedendo in prossimità dei battenti.
Reato di violenza privata
I giudici supremi hanno precisato che, in generale, perché una condotta possa assumere rilevanza penale ai sensi dell’art. 610 c.p., essa deve determinare sulla vittima una coazione tale da porla nelle condizioni di subire una situazione non corrispondente al proprio volere, indipendentemente dal mezzo che porta alla limitazione della libertà di autodeterminazione della vittima.
Più in particolare, si legge nella sentenza, requisito della violenza nel delitto di violenza privata si identifica:
In qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione, potendo consistere anche in una violenza “impropria“, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione» (Sez. 5, n. 4284 del 29/09/2015 – dep. 02/02/2016, G, Rv. 266020; Sez. 5, n. 11907 del 22/01/2010, Cavaleri, Rv. 246551; Sez. 5, n. 1195 del 27/02/1998, PG in proc. Piccinin ed altri, Rv. 211230).
Dunque, l’azione ostruzionistica esercitata parcheggiando l’auto davanti al cancello di un’abitazione in modo da impedire l’uscita dalla stessa, si configura come violenza privata, anche se priva dei connotati della violenza o della minaccia in senso stretto.
Lo stesso discorso vale, secondo l’orientamento della giurisprudenza, nel caso in cui si occupi il parcheggio riservato a una specifica persona invalida, o si parcheggi la propria auto davanti ad un fabbricato in maniera tale da bloccare il passaggio e impedire l’accesso e così via.