I professionisti che partecipano a un bando pubblico non sono tenuti a fornire servizi a titolo gratuito, avendo sempre diritto a ottenere un compenso equo stabilito tenendo conto delle prestazioni garantite.
A stabilirlo, accogliendo il ricorso presentato da un ingegnere, è il TAR di Catanzaro che con la sentenza 1507/2018 mette nero su bianco come sia da considerare privo di legittimità un bando pubblico che preveda prestazioni professionali corrisposte meramente attraverso un rimborso spese. Il TAR, con questa sentenza, ha annullato una precedente delibera della Giunta comunale e si è espresso a favore del professionista sostenendo la violazione del Codice degli appalti relativamente alla necessità di promuovere appalti pubblici esclusivamente onerosi, bandi che non prevedano rimborsi spese o altre modalità di compensazione che non siano basate su risorse finanziarie.
Secondo quanto stabilito dal TAR, inoltre, l’equo compenso si intende tale se:
è proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione.
La sentenza mette in evidenza come la normativa vigente assicuri una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro svolto non solo ai lavoratori dipendenti ma anche ai lavoratori autonomi, ribadendo come anche un appalto pubblico di servizi presupponga vantaggi di natura economica che, proprio in virtù di questo requisito, devono soddisfare il diritto a un equo compenso.