Proseguono a ritmo serrato i lavori della Camera per la conversione in legge del Decreto Dignità: il dibattito in commissione Finanze si è prolungato di qualche giorno rispetto al calendario originario, per cui il provvedimento arriverà in Aula lunedì 30 luglio. Il Governo mira a un passaggio veloce a Montecitorio per poi passare in termini rapidi in Senato e terminare l’iter di approvazione prima della pausa estiva (10 agosto).
Ma la strada dell’approvazione è in salita, soprattutto sul fronte contratti a termine. Fra i nodi da sciogliere, infatti, spicca quello relativo al periodo transitorio per i contratti a tempo determinato, che dovrebbe prevedere (il condizionale è d’obbligo fino a quando il tutto non sarà definitivo) uno slittamento al 30 settembre della possibilità di rinnovo senza causale (con una sorta di periodo transitorio a partire dal 14 luglio, data di entrata in vigore del decreto). Fino a quella data varrebbero le precedenti regole (niente causale) per i rinnovi.
Richieste delle imprese
Il punto è il seguente: il Decreto Dignità impone dopo i primi 12 mesi la causale che motivi il ricorso al contratto a termine (in luogo di quello a tempo indeterminato), in base a una serie specifica di criteri. La ratio del periodo ponte sarebbe quella di consentire alle imprese di adeguarsi alle nuove regole.
In realtà, le indicazioni dal mondo imprenditoriale sono più ampie: Confindustria chiede di non prevedere la causale fino a due anni (per l’intero periodo di applicazione del tempo determinato).
Negli ultimi giorni, la protesta delle imprese si è ulteriormente alimentata, con la dura presa di posizione degli industriali veneti, fatta propria dal Governatore Luca Zaia.
Sotto traccia, uno scontro interno alla maggioranza fra M5s (il partito del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio) e Lega, con un inedito asse che vede le posizioni del Pd vicine a quelle del Carroccio nel chiedere cambiamenti che vadano incontro alle richieste delle imprese.
Altri correttivi
In arrivo, c’è anche la modifica annunciata dal ministro Di Maio che incentiva le trasformazioni a tempo indeterminato con agevolazioni fiscali: nello specifico, si pensa a un taglio del costo del lavoro del 10%.
Il provvedimento costa 300 milioni anno, ma è già stato definito insufficiente dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia.
Altra novità, sale l’indennità di licenziamento nei casi di conciliazione: il lavoratore ha diritto a un numero di mensilità fra un minimo di tre e un massimo di 27 (contro gli attuali tetti da due a 18 mensilità).