La solita pioggia di emendamenti, e l’altrettanto prevedibile scure delle commissioni che ne stabiliscono l’inammissibilità: prosegue l’iter parlamentare del decreto Dignità, con i lavori della commissione iniziati lo scorso 16 luglio. Oltre 200 degli emendamenti presentati riguardano la riforma dei contratti a termine.
Ci sono proposte che chiedono di eliminare la causale fino a 24 mesi, altre che puntano a riportare a tre anni le possibilità di rinnovo. Fra le ipotesi già scartate dalla commissione, quella di introdurre, attraverso il Decreto Dignità, il salario minimo garantito. No anche a una proposta di tagliare le aliquote fiscali per coloro che passano da un contratto a termine a uno a tempo indeterminato. Restano comunque molto gli emendamenti che verranno discussi, su un totale di 850 proposte presentate, tolte quelle inammissibili ne sono rimaste 670.
Il decreto Dignità è in vigore dallo scorso 14 luglio, e l’iter di conversione deve quindi terminare entro il 14 settembre. Tenendo conto della pausa estiva dei lavori, i tempi sono relativamente stretti. In settimana dovrebbe concludersi l’esame delle commissioni riunite Finanze e Lavoro, e il testo dovrebbe approdare in Aula. Dopo il passaggio alla Camera il decreto dovrà essere esaminato dal Senato.
Si tratta, lo ricordiamo, del provvedimento che contiene la riforma dei contratti a termine (applicabili per un massimo di due anni, e non più tre, con un tetto di quattro rinnovi, e non più cinque, e solo un anno senza causale). Le associazioni imprenditoriali, Confindustria in testa, chiedono che l’obbligo della causale non sia previsto fino a due anni. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio, ha invece annunciato l’intenzione dell’esecutivo di introdurre una norma che incentivi fiscalmente la trasformazione dei contratti a tempo indeterminato.
Le altre misure fondamentali del provvedimento riguardano la stretta sulle delocalizzazioni, il divieto di pubblicità per giochi e scommesse, le semplificazioni su redditometro, spesometro, split payment.