Entro il 2022 la carenza di medici in Italia si farà sentire in modo determinante, tanto che i posti vacanti in ambito pubblico saranno quasi 12mila. Dietro questa cifra si celano le uscite dovute ai prepensionamenti e il crescente numero di professionisti sanitari che scelgono di operare nel privato.
A segnalare la situazione attuale e le prospettive future è la FIASO, con la pubblicazione di uno studio basato sulle indagini che hanno coinvolto 91 aziende sanitarie e ospedaliere pubbliche, report che evidenza come un medico su tre lasci l’impiego pubblico non a causa del raggiungimento del limite di età.
Le uscite anticipate dei medici dal servizio pubblico hanno varie ragioni, come la paura dell’innovazione organizzativa e tecnologica e di veder cambiare in peggio le regole del pensionamento, oppure – afferma il presidente Fiaso, Francesco Ripa di Meana – il dimezzamento necessario dei posti di primario, che ha finito per demotivare tanti medici a proseguire una carriera oramai senza più sbocchi.
Protagonisti delle carenze di personale in futuro sono soprattutto alcuni specialisti: oltre ai medici dei servizi sanitari di base, gli igienisti diminuiranno del 93%, i patologi clinici dell’81%. Saranno coinvolti anche internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi, riabilitatori e soprattutto anestesisti.
Per quanto riguarda gli specializzandi, invece, uno su quattro sceglie di lavorare nel comparto privato o di recarsi all’estero per trovare migliori opportunità di carriera. FIASO propone di
I numeri forniti dallo studio – prosegue Ripa di Meana – più che un segnale di allarme devono rappresentare uno stimolo al cambiamento delle politiche del personale e all’innovazione dei modelli organizzativi. Ad esempio valorizzando maggiormente figure della dirigenza, inclusa quella proveniente dal comparto.
Tra le possibili soluzioni anche lo sviluppo di iniziative per favorire l’ingresso di nuove figure professionali in grado di arricchire il middle management come l’ingegnere gestionale o biomedico, ma anche contratti ad hoc per i medici che prolungano l’attività fino a 70 anni anche andando oltre il limite contributivo di 40 anni.