L’adozione di opportuni strumenti e adeguate procedure può aumentare il grado di sicurezza nelle reti informative aziendali, concorrendo a limitare gli effetti di un evento dannoso. Tuttavia, a cosa serve disporre di un sistema aziendale sicuro se l’accesso alle informazioni non risulta continuo ed efficace?
Uno degli aspetti più trascurati della gestione delle informazioni in azienza, infatti, è sicuramente la disponibilità dei dati. Cosa significa? Proviamo ad immaginare di disporre di uno strumento software di memorizzazione dati realizzato da un’azienda leader del mercato e che tutti i nostri dati aziendali (anagrafica clienti/fornitori, contratti, offerte, documenti di progetto, etc.) siano gestiti attraverso tale insieme di applicazioni.
Supponiamo ora che questa azienda smetta di essere nostro fornitore. Per poter trasferire i dati ad un nuovo sistema dobbiamo potervi accedere e rimapparli nel nuovo ambiente ma, per fare questo, abbiamo la necessità di disporre delle specifiche del formato, ovvero della descrizione di come i dati “sono stati scritti”. Ma questo non basta ancora: i dati devono essere stati memorizzati in un formato che sia noto, in modo da poter ottenere facilmente una migrazione da un sistema ad un altro.
Cosa accadrebbe se venisse limitato o corrotto l’accesso ai dati stessi?
Ci sono decine di aziende che, attraverso differenti percorsi, acquisiscono strumentazione e consulenze che le mettono in condizione di fruire di architetture perfettamente configurate e procedure di utilizzo oliate alla perfezione. Tuttavia, ci sono fattori che vengono sistematicamente trascurati e di cui si prende consapevolezza quando ormai è tardi. Tra questi, quello che sistematicamente rimane in disparte, trascurato se non ignorato, è proprio la possibilità di disporre al meglio dei propri dati, che costituiscono spesso il vero core aziendale.
Nella realizzazione delle attività di business, quindi, ogni azienda ha un bene prezioso rappresentato dalla documentazione che produce: dalle fatture, alla progettazione, dalle brochure al sito internet, che va tutelato anche in quegli aspetti che si tende a dare per scontato.
Quasi tutti i sistemi informativi attualmente in uso utilizzano linguaggi proprietari, per cui non è disponibile la specifica che ne descrive il formato. Questo vale sia per i database, che per i fogli di calcolo che per la documentazione interna. Se non è chiaro ciò che avete letto fin qui provate a prendere il prodotto con cui scrivete la vostra documentazione aziendale e redigete un documento qualunque: salvatelo e riapritelo utilizzando il “Blocco Note” o un qualsiasi editor ASCII. Quel che vedete è il formato con cui sono salvati tutti i vostri documenti, giusto?
Siete ancora sicuri di poter leggere il contenuto del documento con un altro applicativo? Siete certi che colori, layout delle pagine, liste, tabelle – in praticva l’intero documento – rimangano nell’identico formato originario? Infine, siete sicuri che chi vi ha fornito l’applicazione che avete usato continuerà a fornirvela e che le condizioni economiche resteranno invariate? La risposta (o soluzione) esiste e si chiama Open Document Format e ad essa si stanno orientando un po’ tutti, dagli enti governativi alla Pubblica Amministrazione, dalle università alle multinazionali.
L’utilizzo del formato aperto comporta che gli utilizzatori non siano “dipendenti” da un unico fornitore di prodotti e servizi informatici ma siano in grado di gestire i propri documenti anche se il fornitore dovesse fallire, aumentare i prezzi, cambiare il software o alterare i termini delle licenze. Nelle università di molte nazioni sono presenti tesi il cui “formato elettronico” non è più leggibile in quanto non più supportato dall’azienda che ha sviluppato il software con qui sono state scritte.
Con i formati aperti, ovvero con l’utilizzo di formati liberamente disponibili e standardizzati le cose cambiano.
L’obiettivo dei formati aperti come Open Document è garantire l’accesso ai dati senza barriere, siano esse legali o tecniche.
Già le amministrazioni ed i governi stanno facendo propri i concetti espressi nelle caratteristiche insite nei formati aperti. Le aziende, dal canto loro, iniziano a recepire ancor di più l’importanza di fare propri a loro volta gli stessi concetti.
Il formato Open Document è stato messo a punto per essere utilizzato come “default file format” senza perdere l’integrità dei dati e senza aumentare la dimensione del file. I documenti sono ora svincolati dall’applicazione che li ha generati. Questo permette agli utilizzatori di salvare e scambiare documenti di testo, fogli di calcolo elettronici, banche dati, tabelle, grafici e presentazioni, senza preoccuparsi dell’applicazione o della piattaforma sulla quale sono stati generati.
Per essere certi di utilizzare un formato aperto è necessario verificare se i nostri dati sono trattati secondo uno degli standard accettati.
Nella stesura della documentazione, infatti, a farla da padrone è lo standard Open Document Format (ODF) noto anche come Open Document Format for Office Applications (OASIS).
Open Document è il principale standard per documenti editabili da ufficio, verificato e riconosciuto da un organismo per gli standard indipendente, scelto da diversi produttori e può essere adottato da qualunque fornitore. La stessa Unione Europea lo ha raccomandato come base per formati di file standard e per lo scambio di documenti.
Dal momento che lo standard impiegato per i documenti dovrebbe essere determinato in funzione di quel che diventerà standard internazionale, è naturale orientarsi verso Open Document, riconosciuto per gli standard OASIS, approvato dalla ISO (International Organization for Standardization) dal maggio 2006 e dal gennaio 2007 anche standard italiano, rilasciato da UNI/UNINFO con la sigla UNI CEI ISO/IEC 26300.
Ben diverso l’iter dell’approvazione del formato Office Open XML (OOXML) di Microsoft, avvenuto con un certo clamore qualche tempo fa e ancora nell’occhio del ciclone. La notizia, infatti, è stata accompagnata da dubbi e polemiche per le implicazioni commerciali (unico produttore, quindi monopolio?) e regolamentari (in relazione ai voti positivi ottenuti), che ancora ne mettono in ombra il valore intrinseco, soprattutto considerato che la decisione è stata poi soggetta a indagine da parte della Commissione.
Intanto, esistono numerosi pacchetti software che realizzano documenti in formato riconosciuto all’interno dello standard ODF, molti dei quali rilasciati con licenza GPL e quindi in forma di totale gratuità anche per usi commerciali.
Uno per tutti OpenOffice.org disponibile su tutte le piattaforme maggiormente in uso (Linux, Unix, Microsoft, MacOS). A onor del vero, va detto che la nuova versione di OpenOffice.org 3.0 supporterà anche OOXML.
Ad ogni modo, l’accessibilità dei dati non è il solo aspetto che rientra nella gestione del rischio aziendale: come già accennato ne esistono altri di non inferiore rilevanza. Sicuramente, però, è uno dei temi più caldi del momento ed è importante coglierne le implicazioni in quanto, in un’ottica di economia di scala, l’adozione di formati aperti è il primo passo verso una possibile migrazione verso sistemi operativi, architetture di rete ed applicazioni rispondenti agli stessi requisiti di libertà e gratuità nella gestione della propria attività.