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Licenziamento illegittimo se viola la parità uomo-donna

di Noemi Ricci

Pubblicato 2 Luglio 2018
Aggiornato 9 Luglio 2021 15:08

Sentenza di Cassazione chiarisce l'illegittimità del licenziamento in età pensionabile basato su una disparità di trattamento tra uomo e donna.

Con la sentenza numero 12108/2018, la Corte di Cassazione ha stabilito che non è legittimo il licenziamento di una lavoratrice che abbia raggiunto l’età pensionabile se tale requisito anagrafico è diverso da quello previsto per gli uomini.

Nel caso in esame, la Cassazione ha accolto il ricorso presentato da alcune ballerine del Teatro dell’Opera di Roma, licenziate per aver raggiunto l’età anagrafica per il pensionamento di vecchiaia, diversa però da quella stabilita per gli uomini.

Principio di parità uomo donna

Il ricorso era fondato sulla denuncia della violazione e falsa applicazione del comma 7 art.3 d.l. n.64/2010 conv. in legge n.100/2010 in relazione all’art.30 comma 1 d.lgs.198/2006, all’art.157 T.F.U.E., alle direttive 78/2000 e 54/2006 ed al d. lgs n.5/2010 nonché in relazione agli artt.3,4,5,35,37 e 38 della Costituzione.

Le lavoratrici ritenevano, a ragione, che la discriminazione operata violasse:

  • il principio di parità di trattamento fra uomo e donna sancito dall’art.21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea;
  • il principio di cui all’art.157 T.F.U.E. che sancisce quello di parità retributiva fra uomini e donne;
  • la direttiva 2006/54/CE riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomo e donna in materia di occupazione e di impiego.

Il citato art. 3 comma 7 d.l. n. 64/2010 conv. in legge n. 100/2010 aveva infatti, a partire dal 1° maggio 2010, ridotto l’età pensionabile per i lavoratori dello spettacolo appartenenti alle categorie dei tersicorei e ballerini assicurati presso l’Enpals, al raggiungimento del 45° anno di età per uomini e donne.

Per i due anni successivi la norma prevedeva che i lavoratori assunti a tempo indeterminato che avessero raggiunto o superato l’età pensionabile avessero facoltà di esercitare l’opzione per restare in servizio, rinnovabile annualmente, fermo restando il limite massimo di pensionamento di vecchiaia di 47 anni per le donne e 52 per gli uomini previsto dalla disciplina antecedente all’intervento normativo del decreto legge 64/2010.

Dopo aver esercitato tale diritto, le lavoratrici erano state licenziate dalla Fondazione che gestisce il Teatro al compimento dei 47 anni per raggiungimento del limite di età.

Licenziamento discriminatorio

Per i giudici, nel contesto lavorativo esaminato, non può essere identificata alcuna circostanza tale da conferire alla situazione dei lavoratori di sesso femminile un carattere specifico rispetto a quella dei lavoratori di sesso maschile giustificando la disparità di trattamento attuata.

Pertanto il licenziamento per raggiungimento dei limiti di età di 47 anni per le donne, è da considerarsi come licenziamento discriminatorio, poiché integra una discriminazione diretta per ragioni di sesso, al quale non possono opporsi legittime deroghe per finalità sociale o di interesse pubblico.

In più, la Corte di Giustizia UE si è espressa affermando che:

Una politica generale la quale contempli il licenziamento di una lavoratrice per il solo motivo che essa ha raggiunto o superato l’età alla quale ha diritto ad una pensione di vecchiaia, che è diversa per gli uomini e per le donne ai sensi della normativa nazionale, costituisce una discriminazione diretta fondata sul sesso vietata dalle norme comunitarie.