Una sentenza della Corte di Cassazione legittima la confisca diretta sui conti dell’azienda, nel caso in cui la confisca sia determinata da un inchiesta per appropriazione indebita, anche qualora il denaro oggetto di confisca non sia direttamente collegato al reato.
Funzione della confisca
Nello specifico si tratta della sentenza n. 29248/2018, emessa dalla seconda sezione penale della Corte di Cassazione, che attribuisce a tale confisca diretta la cosiddetta funzione ripristinatoria dell’equilibrio patrimoniale, nel caso ovviamente in cui questo sia stato intaccato dalla condotta delittuosa.
Nesso di pertinenzialità
La confisca diretta, tuttavia, deve limitarsi alle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità. In più:
Qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto abbia la disponibilità, deve essere qualificata in ogni caso come confisca diretta che, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (cfr., per l’appunto, Cass. SS.UU. “Lucci”).
Considerazioni diverse invece in caso di beni differenti, ove rimane obbligo di sussistenza di un nesso di «pertinenzialità» tra il bene e il profitto:
Laddove, invece, la confisca “diretta” finisca per attingere beni di natura diversa, occorre che sussista e che sia accertata l’esistenza di un nesso di “pertinenzialità” tra il bene ed il profitto del reato, ovvero che sia possibile ritenere che il bene sia stato acquistato o sia pervenuto nella disponibilità del reo attraverso il reimpiego del “profitto” del reato; così, ad esempio, si è affermato che il bene immobile realizzato con l’immediato reimpiego del provento del delitto di malversazione ai danni dello Stato costituisce il “profitto” del reato e, pertanto, è suscettibile di confisca diretta e non per equivalente.