Si avvicina la tradizionale scadenza di giugno per il pagamento della prima rata delle tasse sugli immobili IMU – TASI, che quest’anno cade il 18 del mese (sarebbe il 16 ma è sabato): non ci sono novità sul fronte del calcolo e delle normative, anche le aliquote sono ferme nella quasi totalità dei Comuni, per cui la maggioranza dei contribuenti potrà semplicemente pagare la stessa cifra dello scorso anno.
Sono molto poche le amministrazioni che sono riuscite ad applicare riduzioni (dal 2016 non è invece possibile rincarare le imposte, emanando le relative delibere secondo i temi di legge.
Per chi non si affida ai calcolatori online, il calcolo IMU-TASI resta dunque quello consueto: si parte dalla rendita catastale rivalutata del 5% e si applica il coefficiente per la tipologia di immobile.
In questo modo si ottiene l’imponibile, a cui si applica l’aliquota fissata dal Comune di appartenenza. In genere, le delibere sono separate, una per l’IMU ed una per la TASI, visto che i soggetti interessati non sono sempre gli stessi. Sono tutte pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze e sui portali delle diverse amministrazioni.
L’IMU è sempre a carico del proprietario mentre la TASI viene pagata anche dall’inquilino, con una proporzione che può andare dal 10 al 30%, in base a quanto prevede la delibera comunale: in mancanza di una specifica previsione dell’amministrazione di appartenenza, si applica automaticamente l’aliquota del 10%.
Sono esenti TASI le abitazioni principali (proprietari e inquilini) con l’eccezione degli immobili di lusso, classificati nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
In base alle elaborazioni Caf Acli, gli importi IMU TASI più salati sono quelli degli immobili di impresa del gruppo D, con un’aliquota media del 9,96%.
A livello territoriale, i fabbricati aziendali pagano una tassa più alta nel Centro Italia (10,28% di media), più bassa nel Sud (9,47%). Ci sono anche sensibili differenze in base alle dimensioni del Comune, con una media del 10,4% in quelli sopra i 50mila abitanti, che scende al 10,16% nelle amministrazioni tra 5mila e 50mila abitanti e al 9,73% nei centri più piccoli. Seguono le seconde case (9,82%) e le case con affitto a canone libero (9,69%).
Le aliquote più basse sono quelle delle case affittate a canone concordato (9,11%). Il livello medio delle aliquote di negozi e uffici è al 9,67%. Anche in questi casi, l’imposizione risulta più alta nelle aree del Centro Italia e nei Comuni sopra i 50mila abitanti.