Invece che flat tax qualcuno comincia già a chiamarla dual tax. Perché oltre al 15% entro gli 80mila euro a nucleo familiare ci sarà l’altra aliquota, quella del 20% per i redditi superiori.
L’illusione di fondo è forte: tagliare le tasse ai più ricchi – molte simulazioni hanno ormai confermato che i benefici maggiori, non solo proporzionalmente, li incasseranno le fasce che se la passano meglio – per provare a far pagare tutti.
Flat tax: scaglioni e aliquote
La flat tax porterà quasi 9mila euro di risparmio a chi vanta un reddito lordo familiare di 80mila euro (cioè 40mila a coniuge), appena 469 euro a chi scende intorno ai 50mila e zero – zero – a chi sta sui 30mila. Nel primo caso il guadagno in percentuale sul reddito netto è del 15%, nel secondo dell’1%, nel terzo zero spaccato.
Per questo si dovrà spingere molto sulla progressività di deduzioni e detrazioni, specialmente fino ai 50mila euro, su componenti di nucleo familiare e familiari a carico.
A proposito: la detrazione fiscale prevista per il coniuge a carico non può al momento essere estesa al convivente di fatto: per essere giusta, questa riforma fiscale dovrebbe prevedere che i famosi 3mila euro di detrazioni di cui si parla valgano quantomeno per chi ha firmato una convivenza in base alla legge sulle unioni civili. Altrimenti, come al solito, facciamo cittadini di serie A e di serie B (o C).
Roadmap
“La flat tax prima di tutto” va in pensione (a proposito, perfino la revisione della Fornero rischia di abbassare l’assegno considerando gli anni di contributivo, ma è un’altra storia). O meglio, inizia a sfilacciarsi la sua immediata e granitica applicazione. Tanto che viene davvero da chiedersi se questo governo avrà davvero il tempo di ultimarla.
Al momento si parla di tre anni:
- si comincerà nel 2019 con le imprese, con un taglio IRES (già sforbiciata da Renzi) dal 24 al 15%
- si passerà nel 2020 alle famiglie numerose e con reddito inferiore (forse con un piccolo anticipo nel 2019)
- si concluderà nel 2021 con gli over 80mila euro (beato chi c’ha un occhio, dicevano i vecchi nonni)
Una riforma fiscale generosissima per alcuni i cui effetti eventualmente positivi si vedrebbero solo sul medio periodo, restituendo reddito disponibile effettivo a professionisti e imprenditori, ma i cui buchi sarebbero da subito evidenti. Secondo le stime l’intero pacchetto costerebbe 50 miliardi.
Per questo, un altro provvedimento caro al governo Conte, la “pace fiscale” dovrà slittare. Questione di faccia e di danari.
Pace fiscale
La misura consiste nel saldo e nello stralcio delle cartelle esattoriali per i piccoli contribuenti in difficoltà economica. Secondo voci da confermare, si pagherebbe da un minimo del 6% a un massimo del 25% del dovuto con un’aliquota del 10%. Alla classe media che riesce a pagare le tasse non ne viene fuori niente: a qualcuno verrà forse la tentazione di evadere le tasse per approfittarne poi…
Ci si vorrebbero recuperare 35 miliardi solo nel primo anno. Se qualsiasi governo precedente avesse squadernato queste stime sgangherate avrebbe subito assalti scatenati e accuse di porcherie di bilancio. Oggi, sull’onda dell’entusiasmo, si mandano giù le più (e pericolose) valutazioni.
Dunque, così come il reddito di cittadinanza che arriverà con calma e non somiglierà per niente a un reddito universale, anche la flat tax inizia a cambiare connotati. Ne uscirà completamente stravolta per rispettare, da una parte, i criteri di progressività (se così non fosse non è escluso che Sergio Mattarella possa mettersi di traverso, come le prerogative gli consentono quando un provvedimento viola la Costituzione, rispedendo il provvedimento alle Camere) e dall’altra contenere, spalmandone l’applicazione nel tempo, le voragini di bilancio.
Stop strumenti anti-evasione
Come se non bastasse, con l’altra mano si promette di eliminare una serie di strumenti forse da rivedere ma che provano a far pagare le tasse e a stanare gli evasori (anno 2017: 110 miliardi di euro sottratti al Fisco, cioè a tutti noi).
Lo ha annunciato il superministro Luigi Di Maio di fronte alla platea Confommercio. Il feeling con i piccoli e medi artigiani e commercianti è ideale ma la coperta è corta. Redditometro, spesometro, studi di settore, split payment: ok a lavorare per lenirne il peso e snellirne le procedure ( come previsto dagli ISA. gli Indici sintetici di stabilità in arrivo il prossimo anno) ma fare tabula rasa no. Il rischio è enorme.
E tutto per non intervenire con precisione, e in modo ponderato, sulle aliquote IRPEF attuali, mossa senz’altro meno scenografica sotto il profilo propagandistico.