Prorogato per effetto del DM del Ministero del Lavoro, pubblicato nella sezione pubblicità legale del sito istituzionale, l’indennizzo una tantum per le vittime da esposizione non professionale all’amianto, malati di mesotelioma e loro eredi, fino al 2020.
Indennità vittime amianto una tantum
Altri tre anni, quindi, per la prestazione prevista dalla Legge di Stabilità per il 2015 (legge n. 190/2014), a valere sulle disponibilità residue stanziate ai sensi del DM 4 Settembre 2015, entro un tetto massimo di 5.600 euro. Una proroga contenuta nella Legge di Stabilità 2018 (articolo 1, co. 186 della legge 205/2017), per un costo totale stimato di 5,5 milioni di euro.
Esposizione non professionale all’amianto
Le prestazioni assistenziali del Fondo per le vittime dell’amianto, istituito presso l’INAIL, sono quindi estese in via sperimentale fino al 2020 anche nei confronti di coloro che non possano dimostrare l’origine professionale della malattia, per la quale è prevista una specifica tutela INAIL o INPS. Dunque potranno accedere alla prestazione anche coloro si siano ammalati a causa dell’esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto, ovvero per l’esposizione ambientale comprovata.
La prestazione viene inoltre corrisposta anche in favore degli eredi delle vittime dell’amianto, anche se il malato è deceduto senza aver inviato alcuna istanza. Gli eredi dovranno inviare l’istanza entro 90 giorni dalla data di decesso del de cuius su apposita modulistica predisposta dall’INAIL, completa della delega degli altri eredi e della documentazione amministrativa e sanitaria necessaria.
L’indennità viene corrisposta una tantum, fino ad un massimo di 5.600 euro, su istanza dell’avente diritto.
Requisiti indennità amianto
Il requisito richiesto è di essere stato sottoposti all’esposizione all’amianto nel territorio italiano e che i periodi di esposizione siano compatibili, data la lunga latenza della patologia in questione, con l’insorgenza della malattia.
L’esposizione familiare a lavoratori impiegati nella lavorazione dell’amianto deve risultare dalla documentazione attestante che il soggetto abbia convissuto in Italia con il familiare in un periodo in cui quest’ultimo era impiegato, sempre in Italia, in una lavorazione che lo esponeva all’amianto e che l’insorgenza della patologia risulti compatibile con i periodi della predetta convivenza.
L’esposizione ambientale si ritiene comprovata ove non sussista una esposizione professionale, che abbia determinato il riconoscimento di una patologia asbesto – correlata, e in assenza di esposizione familiare nei termini surriferiti. La documentazione dovrà attestare pertanto la sola residenza del soggetto sul territorio nazionale in periodi compatibili con l’insorgenza della patologia.