Premio alla nascita 2018: il bonus mamma domani di 800 euro per figlio spetta a qualunque madre in Italia, anche se con permesso di soggiorno in scadenza: lo stabilisce una sentenza d’appello del Tribunale di Milano, che ha ritenuto un “atto discriminatorio” e non consentito dall’ordinamento nazionale e comunitario il requisito imposto dall’INPS per il bonus, che per le donne straniere richiedono il permesso di soggiorno di lungo periodo.
Secondo la sentenza, l’INPS non può aggiungere paletti rispetto a una fonte di rango primario, quale è la legge che istituisce il bonus mamma. Il comma 353 della legge 232/2016, non prevede infatti tale limitazione. Semplicemente, stabilisce che:
a decorrere dal 1º gennaio 2017 è riconosciuto un premio alla nascita o all’adozione di minore dell’importo di 800 euro. Il premio, che non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui all’articolo 8 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è corrisposto dall’INPS in unica soluzione, su domanda della futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto dell’adozione.
La circolare INPS, invece, richiede quale requisito il permesso di soggiorno di lunga durata, richiamando il comma 125 della legge 190/2014, che però riguarda il bonus bebè introdotto in via sperimentale fra il 2015 e il 2017, non il premio alla nascita.
In quel caso, era la legge primaria a indicare fra il requisiti quello previsto dall’articolo 9 del dlgs 286/1998, che è appunto il permesso di soggiorno di lunga durata. Conclusione: secondo il Tribunale di Milano, bisogna estendere il beneficio a tutte le madri regolarmente soggiornanti e garantire adeguata comunicazione.
In realtà, con messaggio 661/2018, l’istituto aveva fatto marcia indietro, proprio in esecuzione della sentenza di primo grado, aprendo le domande a tutte le madri straniere con permesso di soggiorno, ma mantenendo una riserva sul pagamento, legata all’attesa delle sentenza di appello. Che ora è arrivata confermando il pronunciamento di prima istanza. L’istituto deve ora decidere se pagare o presentare ricorso in Cassazione.
Di fondo, la norma rappresenta anche una violazione all’ordinamento nazionale e comunitario. In questo senso va anche un’altra sentenza, del Tribunale di Bergamo, che riguarda nello specifico il bonus bebè, ovvero la norma della legge 190/2014 sopra richiamata.
In questo caso, il testo della legge primaria prevedeva la limitazione alle mamme straniere con permesso di soggiorno di cui all’articolo 9 del dlgs 286/1998. I magistrati di Bergamo hanno però ritenuto la norma in contrasto con la normativa comunitaria, imponendo all’INPS di pagare il bonus bebè a una coppia di stranieri con regolare permesso di lavoro.