PIR: guida alle agevolazioni

di Barbara Weisz

Pubblicato 14 Marzo 2018
Aggiornato 14 Marzo 2022 17:48

Vantaggi, costi dell'investimento, novità, rischi: il report del Consiglio Nazionale dei Commercialisti sui PIR, Piani Individuali di Risparmio.

Il vantaggio fondamentale dei PIR per il risparmiatore è rappresentato dall’esenzione fiscale, ma per valutare la convenienza dell’investimento bisogna considerare tutti i costi di gestione: un report del CNCDEC, Consiglio Nazionale Commercialisti ed Esperti Contabili, fornisce una serie di elementi utili alla valutazione, fra consistenza delle agevolazioni, regole e costi dell’operazione di investimento.

I PIR, Piani Individuali di Risparmio, sono investimenti di medio-lungo periodo incentivati fiscalmente (niente tasse se si mantiene l’investimento per almeno cinque anni, l’hoding period minimo previsto dalla legge), destinati esclusivamente a privati e fondi di previdenza (niente investitori istituzionali).

Si tratta di “contenitori”, nei quali si possono inserire diversi strumenti finanziari, ma che devono essere calibrati in base a regole precise, stabilite dalla legge: molto in sintesi, il 21% degli strumenti finanziari presenti nel piano deve essere concentrato sulle PMI (azioni o bond). Investimento massimo consentito, 30mila euro all’anno per un massimo di 150mila euro di investimento complessivo.

Da una parte c’è l’agevolazione, fiscale, dall’altra però anche i costi dell’investimento.

In molti casi gli oneri da sostenere possono essere significativi, si legge nel report, perché «oltre a commissioni di gestione e d’ingresso, molti piani presentano anche commissioni di performance, il cui calcolo è effettuato in maniera non omogenea tra tutti i gestori.

In più, bisogna considerare gli eventuali oneri previsti in caso di disinvestimento prima dei cinque anni, che vanno ad aggiungersi al recupero della tassazione prevista in questi casi (l’esenzione fiscale, come detto è condizionata all’holding period quinquennale).

Il report calcola un valore medio della commissione di gestione all’1,5%, che sale all’1,6% calcolando anche le spese correnti, mentre le commissioni di ingresso sono al 2,5%.

Ci possono poi le commissioni di performance, un valore a cui bisogna stare sempre molto attenti perché può mangiarsi una bella fetta dei guadagni: sono commissioni che si applicano solo nel caso in cui l’investimento vada bene, e che quindi sono pensate per remunerare il gestore.

Il costo è pari al 10-20% dell’extra rendimento rispetto al benchmark. In termini semplici, se il rendimento supera il livello del benchmark (cioè il punto di riferimento, che è prestabilito dal gestore), si paga questa commissione di performance. Sottolineiamo che il modo in cui questo costo viene calcolato è sempre da valutare con grande attenzione, facendosi spiegare bene tutte le componenti (livello del benchmark, cadenza temporale della commissione).

Proseguendo con l’analisi del CNCDEC, fra gli strumenti maggiormente onerosi vengono indicati i PIR assicurativi, con costi diretti di gestione sopra il 4%. Alle commissioni, possono aggiungersi anche altre voci di spesa: apertura del conto titoli, negoziazione strumenti quotati. In base a questi costi, bisogna quindi valutare la convenienza.

Esempio: per un investimento azionario con un rendimento del 6%, il vantaggio dell’esenzione fiscale è pari all’1,56% (il 26% del 6%), e potrebbe non essere sufficiente a sostenere i costi.

Altro elementi critico sottolineato dal report, il rischio dei PIR: la concentrazione degli investimenti su strumenti emessi da imprese italiane può rappresentare un eccessiva esposizione sul rischio Italia (scarsa diversificazione geografica), e l’ulteriore paletto rappresentato dal 21% di investimenti in strumenti emessi da PMI implica un’alta volatilità.

La Legge di Stabilità 2018 ha introdotto una serie di novità: la possibilità di inserire nei PIR (nella quota del 70%degli investimenti qualificati) gli strumenti emessi dalle società immobiliari. Secondo il report, si tratta di un’ulteriore opportunità anche in ottica di diversificazione e riduzione dei rischi.

Ricomprese anche le quote di prestiti di fondi di credito cartolarizzati, gli strumenti di peer to peer lending gestiti mediante piattaforme da società iscritte all’albo degli intermediari finanziari tenuto dalla Banca d’Italia (articolo 104 del TUB), istituti di pagamento la cui attività è prevista nell’articolo 114 del TUB o da soggetti che seppur appartenenti ad altri stati membri dell’UE operano sul territorio italiano nel rispetto della normativa prevista nell’articolo 1 comma 73 della legge di bilancio.

Infine, viene chiarito un dubbio sulla cumulabilità: gli incentivi fiscali sui PIR sono compatibili con quelli relativi all’investimento nel capitale delle startup innovative.