L’Italia vanta un triste primato in Europa legato agli episodi di discriminazione sul lavoro, diseguaglianze di genere , età, razza, orientamento sessuale o fede religiosa: a sostenerlo è l’indagine WorkForce in Europe 2018 promossa da ADP, studio condotto su un campione di 10mila lavoratori (1300 in Italia) che mostra come, nella Penisola, il 42% degli interpellati si senta discriminato, contro una media europea del 34%.
Osservando i dati inerenti le motivazioni che si celano dietro gli episodi di discriminazione, la maggior parte degli intervistati mette al primo posto l’età anagrafica seguita da genere, background, livello di istruzione, nazionalità, religione, aspetto fisico e sessualità.
Uno scenario su cui riflettere per attivare una strategia risolutiva nel creare una cultura aziendale che vada oltre tali limiti, molto spesso sociali. In ambito lavorativo è l’istruzione e l’esperienza a dover governare un colloquio.
Anche nel resto dell’Europa il fattore anagrafico rappresenta il motivo più comune di discriminazione, mentre per quanto concerne le retribuzioni la maggioranza dei lavoratori europei ritiene che i datori di lavoro stiano compensando in modo equo i due sessi, tanto che per il 53% degli intervistati non è necessario segnalare il gap salariale.