Le aziende italiane hanno da tempo iniziato a investire sull’innovazione, ma con occhio sempre attento al controllo dei costi. Negli ultimi due anni, sono nati nuovi centri di sperimentazione, produzione e competenza tecnologica, i quali, tuttavia, non sembrano aver pienamente adottato un modello di collaborazione in stile Silicon Valley.
A pochi giorni dall’Innovation Forum in cui si è fatto il punto sulle dinamiche di mercato per il Made in Italy, sono scaturite diverse analisi avanzate da esperti e operatori d’industria.
Da quanto emerso sembra proprio che il mercato italiano dell’ICT, sia in effetti animato da eccellenze imprenditoriali dislocate in tutto il Paese, ma senza che esista un polo hi-tech geograficamente localizzato.
Un punto di riferimento che funga anche da collante, che incarni la coalizione di più forme sociali: aziende, laboratori di ricerca, presidi culturali.
Oltretutto, la dispersione non è soltanto geografica. Purtroppo, le piccole e medie imprese o i nascenti poli localizzati non hanno ancora compreso la politica della collaborazione, unica via per sperare di recuperare il ritardo nei confronti dei mercati esteri.
Solo alcune eccezioni sembrano seguire questa strada, puntando sulla ricerca applicata e ottenendo risultati positivi anche in termini di interesse suscitato nei confronti di paesi hi-tech come il Giappone.