Demansionamento: quando è possibile affidare compiti inferiori

di Nicola Santangelo

Pubblicato 1 Dicembre 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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Quella del demansionamento è una questione abbastanza spinosa e che rischia di generare dispute e contrasti tra datore di lavoro e lavoratore. Quest’ultimo infatti considera il demansionamento un atto di mobbing e rifiuta qualsiasi incarico vada al di sotto delle proprie aspettative. Eppure, però, dietro un demansionamento possono nascondersi diverse giustificazioni. Le prevede, specificamente, l’attuale normativa. E dal Jobs Act arriva una grossa novità: potranno essere demansionati i lavoratori nei casi di ristrutturazione o riconversione aziendale.

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L’articolo 2103 del codice civile e successive modifiche prevede che il lavoratore debba essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. Questo vuol dire che il lavoratore, di norma, non potrebbe svolgere incarichi corrispondenti ad una categoria inferiore rispetto al proprio inquadramento. Esemplificando, il lavoratore non può essere demansionato. Il tema del demansionamento è talmente rilevante che è la legge stessa a prevedere la nullità di qualsiasi patto contrario in ciò quanto rappresenta un comportamento civilmente e penalmente illecito. Insomma, demansionare una persona è mobbing. Questa è la norma e, in quanto tale, presenta importanti eccezioni.

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Le ipotesi in cui il patto di demansionamento non è considerato illecito possono essere sintetizzate nei casi in cui il lavoratore, suo malgrado, non può più svolgere una specifica attività. Si pensi, ad esempio, ai lavoratori divenuti inabili o alle lavoratrici durante il periodo di maternità. Ma c’è anche un altro caso in cui ad un lavoratore possono essere affidati incarichi di categoria inferiore. Ed è quando questa operazione rappresenta un’alternativa al licenziamento (si pensi, ad esempio, alla chiusura di una unità produttiva). Il Jobs Act amplia queste casistiche prevedendo la facoltà di abbassare la mansioni dei lavoratori anche nei processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Altri casi possono, inoltre, essere aggiunti dalla contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria.