L’approvvigionamento delle risorse informatiche è l’attività fondamentale degli IT manager, dalla quale dipende non solo la qualità dell’infrastruttura IT aziendale ma l’intero business dell’impresa, ormai imprescindibile dagli strumenti tecnologici. Le strade a disposizione dei CIO sono innumerevoli e possono rivelarsi un fattore cruciale per l’intera organizzazione, specie quando questa si trova nella delicata fase di cambiamento, dovuto ad esempio a fusioni o all’ingresso in nuovi mercati.
Per questo motivo la School of Management del Politecnico di Milano ha istituito da 3 anni l’Osservatorio ICT Strategic Sourcing, che ha analizzato oltre sessanta imprese pubbliche e private per delineare lo stato attuale e i prossimi sviluppi di questo interessante fenomeno.
Le organizzazioni in fase di trasformazione si trovano, infatti, dinanzi ad un vero e proprio paradosso, piuttosto complesso da comprendere e da superare, e la ricerca dell’Osservatorio non ha mancato di segnalare frequenti comportamenti “schizofrenici” derivanti dalla gestione dei rischi legati all’outsorcing.
Da un lato, la scelta di esternalizzare le attività informatiche è segnalato come un elemento fondamentale per ottenere maggiore flessibilità, dall’altro l’outsourcing rischia di inibire il cambiamento. Il legame tra cambiamento organizzativo e IT sourcing è più stretto di quanto si possa pensare e si presta a tre diversi livelli di analisi, come evidenziato dall’Osservatorio:
- strategie di cambiamento e innovazione a livello di business portano a prendere scelte di sourcing che rappresentano leve di trasformazione sempre più importanti;
- l’implementazione dei nuovi modelli di ICT Sourcing innesca a sua volta processi di cambiamento organizzativo che hanno ripercussioni sull’organizzazione ICT, sulle competenze e sulle relazioni con le funzioni utente, e vanno implementate con adeguate azioni di change management;
- i modelli di sourcing e la loro implementazione, infine, hanno nel medio periodo un impatto sulle future capacità di innovazione e cambiamento.
Quando l’impresa o il suo ambiente cambiano, l’infrastruttura tecnologica difficilmente è in grado di rispondere al cambiamento facendo affidamento unicamente sulle risorse interne e l’outsourcing diventa quasi una scelta obbligata. IT manager e impreditori devono però prestare la massima attenzione nella scelta di modelli coerenti con la propria organizzazione e in grado di valorizzare al meglio la spinta innovativa che proprio in queste fasi raggiunge il suo apice. Dall’indagine dell’Osservatorio emerge che, in questi casi, il ricorso all’outsourcing trova le sue principali motivazioni in collaborazioni già in essere (15% dei casi), alle quali si affiancano la necessità di fronteggiare una tecnologia in rapida evoluzione e il desiderio di consolidare un cultura aziendale incentrata sull’esternalizzazione (14% a pari merito).
L’11% degli IT manager intervistati segnala, inoltre, la disponibilità di contratti flessibili e le competenze di eccellenza dei fornitori come spinte a optare per l’outsourcing. A partire da queste motivazioni, si delineano 4 percorsi di sourcing:
- sviluppo strategico: aumenta la rilevanza delle ICT nello sviluppo del business
- commoditizzazione: diminuisce la rilevanza delle ICT nello sviluppo del business in favore dei settori operativi
- insourcing: adozione di profili di sourcing integrati
- outsourcing: esternalizzazione delle attività
Il Change Management
I diversi percorsi si intrecciano in maniera inestricabile con le dinamiche di cambiamento aziendale. Stiamo parlando di processi di internazionalizzazione, dell’ingreso in nuovi mercati, dell’adozione di nuovi strumenti di business o di fusioni e acquisizioni.
In tutte queste situazioni la priorità delle aziende è quella di riuscire a contenere il rischio intrinseco nel cambiamento. Un’esigenza che si scontra con la continua spinta verso l’innovazione. Per risolvere questo trade-off è necessario che il cambiamento venga adeguatamente supportato da un’infrastruttura flessibile, ottenibile attraverso tre differenti approcci.
Il primo è quello degli innovatori collaborativi che, nelle fasi di trasformazione, chiedono ai fornitori esterni di affiancare le risorse interne. La seconda strada è invece quella degli innovatori endogeni, che esternalizzano soltanto le attività di routine per concentrare meglio le risorse interne sui progetti più innovativi. L’ultimo approccio è quello dei buyer d’innovazione, riscontrato soprattutto nelle aziende che operano in ambienti stabili e possono così affidare in outsourcing i contenuti innovativi, senza correre grossi rischi.
Nel caso dell’innovazione collaborativa, l’indagine dell’Osservatorio ha rilevato come le imprese vadano incontro a numerosi ostacoli, riconducibili essenzialmente al rapporto tra gli attori, piuttosto che alle scelte da questi operate. Nel 17% dei casi, infatti, si assiste a un disallineamento degli obiettivi tra azienda e fornitore esterno, al quale si affiancano squilibri e rigidità contrattuali (15%) e una sostanziale “miopia” del fornitore, che nel 13% dei casi non dispone di una visione sufficientemente ampia delle esigenze di business del proprio cliente.
Quale che sia il percorso prescelto, il management dev’essere pronto a gestire questo cambiamento che, come abbiamo anticipato, parte dagli strumenti informatici per poi ripercuotersi sull’intero sistema-azienda. Le aree in cui è necessario intervenire sono principalmente le persone (formazione, turn over e un’appropriata azione comunicativa), organizzazione e processi (stabilire nuovi ruoli e nuove procedure, che dovranno poi essere monitorati costantemente), strumenti e metodologie (implementazione di software per la gestione integrata dei progetti e delle prestazioni e standard metodologici come ITIL e COBIT).