TFR in busta paga tra bugie e verità

di Nicola Santangelo

Pubblicato 9 Ottobre 2014
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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L’idea di inserire parte del TFR maturando nelle buste paga dei lavoratori dipendenti assomiglia a una trovata pubblicitaria piuttosto che ad un intervento destinato ad aiutare le famiglie, sostenere l’economia e spingere i consumi. Dopo i dubbi successi del bonus 80 euro, il Premier Renzi ci riprova promettendo agli Italiani di aumentare le buste paga con il Trattamento di Fine Rapporto. Un operazione che offrirà sicuramente un vantaggio, ma alle casse  dello Stato.

Il messaggio trasmesso, identico a quello lanciato per il bonus IRPEF da 80 euro, è ancora quello di voler rimpinguare le buste paga dei dipendenti ma a guadagnarci sarà molto lo Stato e ben poco i dipendenti: la promessa di un maggior potere d’acquisto delle famiglie che guadagnano meno è falsa. Il TFR, infatti, matura proporzionalmente al reddito e di conseguenza chi già guadagna poco troverà un importo talmente ridotto da non trarne reale beneficio.

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Saranno più ricche le casse erariali poiché il Governo potrà effettuare un prelievo fiscale su buste paga realmente più pesanti: più alto il lordo, maggiori le trattenute. E anche a voler ipotizzare una tassazione separata con aliquota ridotta, si riuscirà a raggiungere un tesoretto di tutto rispetto.

Saranno invece più poveri i lavoratori dipendenti poiché, a causa di una pessima gestione del sistema previdenziale, sono stati costretti da tempo a costruirsi un cuscinetto per la pensione e il TFR è diventato un fedele alleato, soprattutto per la nuova generazione che rischia di non vederne mai una. Con l’anticipo in busta paga oggi, si perde la rivalutazione annua del TFR incassato.