Nel guerrilla marketing (da guerriglia) il fine è quello di vincere una sorta di “battaglia” nell’insidioso campo della globalizzazione, dove le PMI si trovano a fronteggiare le grandi multinazionali. Nel guerrilla marketing le armi sono rigorosamente non convenzionali, gli investimenti sono bassi, gli obiettivi molto alti: fissare nella mente del maggior numero di potenziali clienti un nuovo brand o un nuovo prodotto.
La peculiarità di queste campagne di marketing è il loro forte impatto visivo, che le fa memorizzare nelle menti dei consumatori più facilmente rispetto alle pubblicità classiche. Basti pensare alla recente campagna del Casinò di Venezia, che per pubblicizzarsi ha pensato di trasformare il nastro trasportatore dei bagagli dell’aeroporto Marco Polo in un’enorme roulette per rievocare l’atmosfera del gioco ai turisti appena arrivati.
Il guerrilla marketing ha il potere di emergere dai centinaia di messaggi pubblicitari che bombardano quotidianamente ogni potenziale cliente, ma per avere effetti solidi nel tempo deve essere supportato da una campagna di marketing più tradizionale, che ha meno impatto ma è più duratura, e fissa definitivamente nella mente dei clienti un brand ed un prodotto.
5 punti per una guerriglia vincente
1) Nella base di una campagna pubblicitaria non convenzionale è fondamentale avere una rete di comunicazione, di controllo ed informazione sviluppata e flessibile che tenga unita e coordinata l’azione. Internet è la rete che meglio è in grado di diffondere messaggi velocemente, a basso costo e in modo capillare: si può creare l’effetto virale con un’email o un video su Youtube che annunci la campagna.
Altro strumento da utilizzare in queste azioni sono i cellulari: un sms è in grado di far concentrare in un posto ad un determinato orario anche centinaia di persone tra loro sconosciute. Annunciare l’evento con un messaggio potente ed evocativo (o più banalmente con la promessa di un gadget in omaggio) può attirare moltissime persone.
Uno strumento sempre a basso costo, meno tecnologico ma ugualmente efficace e largamente usato nel guerrilla è il tradizionale post-it: attaccarne anche poche decine nei parabrezza delle auto per pubblicizzare un evento in genere ha sempre dato buoni risultati.
2) Nel guerrilla marketing vale il principio di una coerenza di fondo dell’azione: l’uniformità dà forza alla campagna nel caso in cui si svolga in contemporanea in molte città diverse e lontane tra loro. La coerenza può essere l’utilizzo dello stesso adesivo, della stessa azione spettacolare, etc. C’è comunque la possibilità che nelle varie città in cui si decide di attuare l’azione di guerrilla si possa adattare l’idea di partenza ad una peculiarità locale, rendendo la campagna aziendale localizzata.
3) Prevedere la reazione delle persone del luogo. Nel guerrilla marketing le azioni in fase di preparazione non passano inosservate alle persone del posto in cui si svolge, perciò è necessario che siano favorevoli a questa forma di pubblicità.
Quindi prima di fare un’azione di guerrilla è bene fare un test per sondare il terreno e non trovarvi poi in una situazione boomerang di indifferenza o peggio di rifiuto totale della campagna per ragioni socio-culturali che a tavolino vi erano sfuggite.
Ad esempio, per un’azione di stickering (applicare adesivi ovunque per promuovere un nuovo logo) è meglio evitare le metropoli, dove queste azioni sono state già abusate: il rischio è di fare un qualcosa di dispersivo che non verrà nemmeno notato. Meglio optare per le città più piccole.
4) Scegliere con cura i performer. Nel guerrilla più che in altre forme di marketing ci si deve avvalere di persone che siano in grado di fare l’azione richiesta con la massima serietà, anche se a volte potrebbe essere imbarazzante, stravagante, eccentrica.
Ad esempio una tra le più belle azioni di guerrilla marketing è quella che si è svolta a Copenhagen, Danimarca, organizzata da The Aid Agency in occasione della giornata mondiale contro l’Aids. Alcuni ragazzi camminavano con scioltezza nelle più trafficate strade all’interno di trasparenti bolle di plastica, denunciando l’emarginazione nei confronti delle persone sieropositive. Quindi nella scelta dei performer sono sconsigliati i timidi.
5) Privilegiare una strumentazione leggera e facilmente trasportabile: largo uso a materiali quali la gommapiuma, il polistirolo, il cartone, tutto ciò che è in grado di creare volumi di impatto ma che non generi particolari difficoltà logistiche.
L’azione di guerrilla deve essere organizzata in modo veloce. Si può poi scegliere tra due strategie: l’azione nell’orario in cui c’è la massima esposizione al target, oppure di notte, per lasciare l’effetto sorpresa il mattino dopo. In ogni caso, strutture complesse da assemblare e pesanti da trasportare sono da evitare.
Pianificare una campagna di guerrilla
A) Programmazione. Si deve pensare a quale prodotto o servizio aziendale si vuole pubblicizzare con il guerrilla. Visto la sua formula non convenzionale, forte, che spezza le regole, in genere vengono scelti prodotti nuovi (o mai pubblicizzati prima) che escano dallo standard: una linea giovanile, un design particolare, un servizio innovativo.
Nulla vieta che si possa pubblicizzare direttamente il brand della propria piccola media impresa, a patto che nella mission aziendale ci siano valori come la creatività, l’energia, la voglia di andare oltre le regole.
B) Idea originale. Il successo dell’iniziativa è veicolato dalla forza dell’idea e dall’organizzazione della comunicazione. Un po’ come nel viral marketing vince il messaggio che incuriosisce, che stupisce, che va fuori dell’ordinario, che strappa un sorriso.
L’idea deve smuovere il pedone o l’automobilista durante il quotidiano tragitto nella città. Come ogni buon messaggio pubblicitario, è fondamentale che l’idea non sia fine a se stessa ma veicoli fortemente il marchio o il prodotto da lanciare: il guerrilla deve far ricordare prima di tutto il brand.
C) Creazione del teaser (da tease: stuzzicare, provocare). Si tratta del primo indizio della campagna, spesso volutamente sommario, evocativo ma non troppo chiaro. Deve attirare l’attenzione, annunciare un seguito. Non deve essere un messaggio troppo astruso, altrimenti non viene capito.
D) Diffondere viralmente il teaser: se l’idea alla base è buona, ed il teaser altrettanto efficace, il naturale risultato del successo è l’effetto viral. Quindi via al video, alla campagna di email o sms, allo stickering o alla diffusione di post-it.
Le email che parlano del teaser si diffondono velocemente: blog, forum e riviste di settore cominciano a parlarne (anche grazie ad un’operazione di buzz marketing che incoraggi le discussioni sul tema, seminando qualche indizio sulla buona strada del brand per evitare interpretazioni fuorvianti del messaggio).
E) L’azione vera e propria. Una volta diffuso il messaggio, si esce allo scoperto con l’azione vera e propria, che in genere va fatta all’aperto, con cartelloni pubblicitari tridimensionali, con l’uso non convenzionale dell’arredamento urbano, con il coinvolgimento di attori che si prestano ad azioni d’effetto.
Questa fase, che si svolge in un breve intervallo di tempo, va filmata, ed il video diventa il vero metro del successo dell’azione. Se verrà visto, diffuso, citato, l’effetto del guerrilla marketing durerà molto più rispetto all’azione vera e propria.
F) Il seguito della campagna. Una volta ottenuto l’effetto virale, il teaser va totalmente spiegato: l’effetto sorpresa non può durare a lungo, e nemmeno il viral. E qui deve uscire allo scoperto un ottimo piano di marketing di supporto: ora deve diventare protagonista il prodotto vero e proprio.
Se prima era stato evocato, evidenziandone solo alcuni aspetti (l’originalità, il target giovane o anticonvenzionale, etc) adesso deve essere spiegato nei dettagli e con i mezzi più classici. Quindi è bene inviare comunicati stampa online ed offline.
Una comunicazione istituzionale va fatta anche nei forum e blog dove si era parlato dell’evento: dopo le intuizioni e le chiacchiere si deve dare la versione ufficiale dei fatti, spiegando gli scopi della campagna e le caratteristiche del prodotto o brand lanciato. I commenti devono essere rigorosamente firmati dall’azienda.