Rischi Brexit per le imprese

di Barbara Weisz

Pubblicato 20 Giugno 2016
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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Occhio agli scambi commerciali con le imprese che pagano in sterline: può essere utile posticipare la chiusura di accordi al dopo referendum. E’ uno dei consigli alle imprese davanti al rischio Brexit in vista del 23 giugno, quando i cittadini britannici decideranno se restare o meno nell’Unione Europea.

Si tratta dunque di uno scenario diverso dal Grexit, che riguardava l’ipotesi di uscita dalla moneta unica, perchè in questo caso si parla proprio di uscita dalla UE. Il referendum è consultivo e in caso di vittoria del sì il governo dovrà rinegoziare i trattati per uscire dalla UE, procedura che richiederebbe un paio di anni durante i quali non cambierebbe nulla; ma sui mercati le reazioni sono moto più veloci.

Il primo rischio Brexit riguarda la sterlina, che secondo alcune analisi potrebbe deprezzarsi di circa il 20% sull’euro. E’ quindi importante riconsiderare le transazioni commerciali con i clienti inglesi, posticipando la conclusione di accordi commerciali e la definizione dei prezzi di listino in sterline al dopo-referendum. Se non è possibile, inserite clausole che prevedano in caso di Brexit una rinegoziazione degli accordi.

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Per le imprese che importano e hanno ricavi pagati in sterline, considerare la stipula di una copertura semplice come un prezzo a termine (forward). Ad esempio, per gli importi da ricevere a fine 2016, ogni 1.000 sterline l’incasso a termine è pari a 1.250 Euro, stipulando il forward Euro/Sterlina con scadenza a fine dicembre 2016 pari a 0,787. Il prezzo del forward è ricavato utilizzando il Calcolatore Valute di eKuota.

La Brexit potrebbe comportare un downgrade del rating per le banche inglesi: eKuota consiglia di verificare le controparti con le quali sono in essere coperture a lungo termine come swap sui tassi o contratti a termine come forward e collar, privilegiando quelle che non hanno rischi di downgrade perché in ogni contratto OTC (over the counter) esiste un potenziale rischio di credito in capo all’istituzione finanziaria con il quale è stato stipulato. Un aumento del rischio di credito è una componente del costo complessivo del prodotto finanziario che dovrebbe esservi riconosciuto nella negoziazione.

Infine, controllare sempre il rischio finanziario, il CFAR (cash flow at risk) consente di sapere quotidianamente quanto l’azienda rischia e come questo rischio cambia rispetto a quello che succede sui mercati finanziari.

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L’impatto sulle imprese sotto vari aspetti è misurato da eKuota, piattaforma online di financial advisor per imprese.