Demansionamento al via: tutti i casi previsti dal D.Lgs. 81/2015

di Nicola Santangelo

Pubblicato 13 Luglio 2015
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:38

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Il D.Lgs. 81/2015 ha modificato l’articolo 2103 del codice civile che proteggeva il lavoratore da eventuali rischi di demansionamento. In questo modo il datore di lavoro può modificare le mansioni di tutti i lavoratori anche a quelli assunti prima dell’entrata in vigore del decreto e senza la necessità di fornire una motivazione. La modifica unilaterale può, comunque, avvenire nel caso di assegnazione a mansioni riconducibili al medesimo livello di inquadramento.

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Con la normativa previgente la modifica delle mansioni poteva avvenire solo tra mansioni equivalenti ossia affidando nuovi incarichi di pari contenuto professionale ovvero incarichi coerenti con il bagaglio professionale acquisito. Il codice civile all’articolo 2103, in tale ambito, vietava il demansionamento ossia l’assegnazione di mansioni inferiori. Uniche eccezioni si verificavano quando il lavoratore diveniva inabile allo svolgimento delle proprie mansioni per malattia o infortunio o nei casi in cui il medico competente non lo riteneva idoneo a specifiche mansioni. Nell’ambito delle procedure di licenziamento collettivo, inoltre, era prevista la possibilità di autorizzare, in accordo con i sindacati, l’assegnazione dei lavoratori ritenuti eccedenti a mansioni inferiori al fine di evitarne il collocamento in mobilità. Inoltre il divieto assoluto di demansionamento poteva essere derogato siglando un accordo individuale che costituisse l’unica alternativa al licenziamento.

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Il D.Lgs. 81/2015 ha ampliato la possibilità di demansionare i lavoratori. Il datore di lavoro può, infatti, modificare unilateralmente le mansioni dei lavoratori anche senza la necessità di fornire una motivazione. Quindi non più mansioni equivalenti alle ultime svolte ma mansioni riconducibili allo stesso livello di inquadramento contrattuale e alla stessa categoria legale di appartenenza. In caso di contenzioso, pertanto, il giudice non potrà entrare nel merito circa l’equivalenza tra le nuove mansioni e quelle precedenti ma dovrà semplicemente verificare che le modifiche rimangano all’interno dello stesso livello e categoria: un dirigente non potrà svolgere un lavoro che rientra fra le mansioni dei quadri né un impiegato svolgere una mansione da operaio.