Il polverone sollevato dalla vicenda Wikileaks ha richiamato a sé l’attenzione di media e istituzioni di tutto il mondo, ma non solo. La creatura di Julian Assange, da alcuni definita incarnazione moderna e virtuale degli ideali anarchici, osannata invece da altri come strumento per la diffusione della verità, è al centro di una battaglia che va ben oltre le aule della giustizia e della diplomazia internazionale, per arrivare a combattersi sui server di compagnie e autorità.
I siti di MasterCard e Visa, società che nei giorni scorsi hanno negato agli utenti la possibilità di effettuare donazioni a Wikileaks (proprio come aveva fatto PayPal prima di loro), sono stati abbattuti a colpi di attacchi DDoS da parte del gruppo Anonymous, che ne hanno causato stop e rallentamenti nell’erogazione dei servizi per diverse ore.
Anche due volti illustri del panorama politico USA come il senatore Joseph Lieberman e Sarah Palin hanno ricevuto lo stesso trattamento, con un’operazione organizzata nel dettaglio sulle pagine di Facebook e Twitter. In ginocchio anche il sito dell’avvocato che ha sostenuto le due donne presunte vittime di violenza sessuale da parte di Assange.
Si tratta insomma di una vera e propria guerra portata avanti a colpi di botnet e DNS, che ieri ha registrato un contrattacco da parte di chi vede in Wikileaks un nemico da combattere anziché un veicolo per la libertà d’informazione in Rete: anche il sito del gruppo che per primo ha organizzato gli attacchi DDoS è stato a sua volta affondato con la medesima tecnica.