Volontariato e Onlus: aspetti legislativi

di Nicola Santangelo

Pubblicato 22 Aprile 2013
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:45

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Affinché possano essere definite senza scopo di lucro, le imprese devono rispettare tre requisiti: non devono distribuire utili nel corso della propria vita; devono reimpiegare gli utili nella realizzazione di fini istituzioni; sono obbligate a devolvere il proprio patrimonio ad un altro ente non profit o a fini di pubblica utilità  in caso di estinzione.

Cerchiamo, allora, di affrontare l'aspetto legislativo che regola le varie tipologie di imprese senza scopo di lucro.

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Organizzazioni di volontariato

Nelle organizzazioni di volontariato è fatto espresso divieto per gli aderenti di percepire un qualsiasi vantaggio economico. L'articolo 2 della Legge 266 del 1991, infatti, è abbastanza categorico e stabilisce che per attività  di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e a titolo gratuito tramite l'organizzazione di cui il volontariato fa parte.

L'attività  deve essere condotta senza fine di lucro ed esclusivamente per fini di solidarietà .
E' per questo che il volontariato è incompatibile con la forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e, comunque, con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale con l'organizzazione di cui si fa parte. Questo vuol dire che chiunque scelga di fare volontariato, indipendentemente sia presidente o aderente, non può e non deve ricevere alcun compenso.

Sono consentiti soltanto i rimborsi di costi effettivamente sostenuti e comunque entro i limiti precedentemente stabiliti dal consiglio direttivo o dall'assemblea con apposita delibera o regolamento. Ciò vuol dire che il rimborso non potrà  avvenire per ciascuna spesa ma esclusivamente per quelle specificamente individuate.
Inoltre, non potrà  avvenire in maniera forfetaria ma sulla base di adeguate giustificazioni (come ad esempio la presentazione di una fattura o di una ricevuta fiscale).

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Onlus

Quello che avviene per le organizzazioni di volontariato non sempre si riflette nelle Onlus. Queste, infatti, perdono la qualifica di organizzazione senza scopo di lucro solo nei casi di violazione dell'articolo 10, comma 6 del Dlgs 460/1997. Nello specifico il citato articolo elenca i casi di perdita di qualifica di Onlus derivanti dalla distribuzione indiretta di utili o avanzi di gestione.

I casi previsti dalla normativa sono:

  • cessioni di beni e prestazioni di servizi a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo grado, nonché alle società  da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate, effettuate a condizioni più favorevoli in ragione della loro qualità ;
  • acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano superiori al loro valore normale;
  • corresponsione ai componenti gli organi amministrativi e di controllo di emolumenti individuali annui superiori al compenso massimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1994, n. 645, e dal decreto-legge 21 giugno 1995, n. 239, convertito dalla legge 3 agosto 1995, n. 336, e successive modificazioni e integrazioni, per il presidente del collegio sindacale delle società  per azioni;
  • corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati, di interessi passivi, per ogni tipologia di prestiti, superiori di 4 punti al tasso ufficiale di sconto;
  • corresponsione ai lavoratori dipendenti di salari o stipendi superiori del 20% rispetto a quelli previsti dai contratti collettivi di lavoro per le medesime qualifiche.