Bilancio positivo per il progetto “Start it up. Nuove imprese di cittadini stranieri”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e realizzato in collaborazione con Unioncamere.
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L’iniziativa è nata per per sostenere percorsi di crescita professionale e fornire competenze basilari per l’avvio di aziende o di attività di lavoro autonomo a persone provenienti da paesi non appartenenti alla Unione europea, residenti in Italia e in possesso di regolare permesso di soggiorno.
In tutto sono stati coinvolti 434 immigrati che si sono rivolti agli sportelli attivati dalle Camere di Commercio di dieci città (Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Milano, Roma, Torino, Verona, Vicenza e Udine) per avere assistenza, formazione e orientamento e beneficiare dei relativi servizi fino ad arrivare all’elaborazione di 409 business plan d'impresa nella forma individuale o associata.
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Secondo quanto rilevato l'aspirante imprenditore straniero è nella maggior parte dei casi un giovane, di età compresa fra 18 e 35 anni, e con una istruzione elevata (per il 35% laureati), maschio o femmina in equa misura, proveniente generalmente dall'Africa, principalmente Senegal e Nigeria, e dall'America latina, in particolare dal Perù.
I partecipanti, nella stragrande maggioranza (65%), sono spinti a fare impresa da una intenzione di realizzazione personale o nella ricerca di una maggiore indipendenza economica. Il più delle volte si indirizzano nel settore dei servizi (56%) o nel commercio al dettaglio (35%).
In Italia sono 364mila le imprese create dagli immigrati, vale a dire il 6% del totale nazionale, e nel terzo trimestre del 2012 sono cresciute 7 volte di più della media (+1,4% contro +0,2%).
Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere, ha commentato positivamente le conclusioni di Start it up. “Questi positivi risultati del progetto insieme ai dati del Registro Imprese sulla crescita degli stranieri che detengono cariche di titolari e soci d'impresa – ha spiegato – ci dicono due cose, la prima, che c'è una forte propensione imprenditoriale da parte di chi decide di migrare in Italia, la seconda che questa va accompagnata con servizi reali in modo che nascano imprese capaci di stare sul mercato e di essere parte attiva della società civile”.