Secondo la CGIA di Mestre, la burocrazia in Italia costa 26,5 miliardi di euro. Un ammontare che – calato su ogni singola realtà imprenditoriale – equivale a circa 6mila euro per ogni piccola o media impresa, con un incremento del 14,7% rispetto allo scorso anno (+ 3,4 miliardi di euro).
Il carico fiscale sugli utili di una impresa italiana ha raggiunto e superato il 68%, contro una media tedesca del 48,2%.
Cifre che, secondo il segretario CGIA, Giuseppe Bertolussi, “fanno accapponare la pelle”.
La burocrazia è diventata una tassa occulta che sta soffocando il mondo delle PMI. Nonostante le misure di semplificazione adottate in questi ultimi anni, l’inefficienza del sistema pubblico italiano continua a penalizzare le imprese attraverso un spaventoso aumento dei costi.
I tempi e il numero degli adempimenti richiesti dalla burocrazia sono diventati una patologia endemica che caratterizza negativamente il nostro Paese. Non è un caso che gli investitori stranieri non vengano ad investire in Italia anche per la farraginosità del nostro sistema burocratico.
Ad incidere di più sui bilanci delle piccole e medie imprese sono i costi legati agli adempimenti per il lavoro e la previdenza: tra tenuta dei libri paga, comunicazioni sulle assunzioni o cessazioni, denunce dei dati retributivi e contributivi, retribuzioni e autoliquidazioni, il costo sulle PMI si aggira in 10 miliardi di euro l'anno.
A seguire vi sono le voci legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro (4,6 miliardi di euro) e l’ambiente (3,4 miliardi di euro).
Dichiarazioni dei sostituti di imposta, comunicazioni periodiche e annuali IVA e altri adempimenti fiscali costano invece 2,7 miliardi di euro.