Segnali positivi, pur molto timidi, dall’industria finanziaria del private equity con un aumento del 9% del numero delle operazioni in Italia nel 2011: sono i dati del Rapporto 2012 del Laboratorio private equity e Lbo di SDA Bocconi, condotto in collaborazione con Alvarez&Marsal, Experis-Manpower Group, BEN-Business Engineering Network, Pedersoli e Associati, Di Tanno e Associati, EpYon Consulting e Clessidra.
Si potrebbe obiettare che i livelli pre crisi sono ancora lontani in un settore che riveste, o dovrebbe rivestire, un ruolo importante nello sviluppo delle imprese, anche delle PMI, ma che fra le altre cose in Italia si scontra tradizionalmente con le resistenze degli imprenditori a far entrare fondi e ad accogliere capitale di rischio e di debito.
E il +9% del numero di operazioni registrato nel 2011 non è propriamente un boom, soprattutto in considerazione del fatto che i tre anni precedenti avevano visto una riduzione del mercato del private equity del 60% (creando quindi dei notevoli margini). Ma comunque c’è una leggera ripresa, con una stabilizzazione di volumi e prezzi.
Le operazioni di leveraged buy out sono aumentate del 13%, attestandosi sugli 8 miliardi di euro (in termini di enterprise value), le operazioni senza utilizzo di leva sono aumentate del 6%, e il valore è salito a 819 milioni di euro (dai 686 del 2010). In flessione invece le operazioni di expansion, con un valore medio di 8,9 milioni di euro di equity investito dai 15 milioni per operazione del 2010.
Il mercato del private equity in Italia, commenta Valter Conca, responsabile del Laboratorio private equity di SDA Bocconi, «sta uscendo da un momento di transizione che ci ha portato ad approfondire il modo in cui le società di gestione hanno rivisto il proprio modello di business per affrontare la gestione delle società partecipate».
Resta la difficoltà di reperire dal sistema bancario i capitali necessari per lo sviluppo dell'attività d'impresa, ma ci sono segnali di miglioramento. Su base annua operazioni e volumi dei finanziamenti per operazioni di leveraged buy out aumentano in Italia e anche in Europa: incremento del 50% del numero dei deal e +70% in termini di volumi di finanziamento. In Italia, i prestiti che nel 2010 avevano segnato un picco negativo a 840 milioni di euro, nel 2011 hanno raggiunto i 3 miliardi e 112 milioni di euro. Ma prima della crisi il volume era intorno a 8,2 miliardi.
Per quanto riguarda i disinvestimenti, il numero delle operazioni in uscita è salito a 41, dalle 34 del 2010, con un incremento del 20%. Le operazioni hanno riguardato partecipazioni detenute mediamente da 4,3 anni. La parte del leone spetta alle trade sale (vendita a partners industriali) che rappresentano il 41,5% dei disinvestimenti ma che segnano una flessione rispetto al 47,1% del 2011. E’ invece salito al 22%, dal 17,6%, il peso delle cessioni ai soci. In aumento anche i secondary buy out, al 22%, mentre i write off rappresentano il 14,5%.
Il confronto fra prezzo di ingresso e prezzo di uscita è tornato positivo, dopo che nel periodo 2008-2010 aveva segnato una flessione.
Gli operatori del mercato, spiega ancora Conca, «hanno ormai preso coscienza della necessità di adeguare le proprie strutture organizzative per creare valore attraverso nuove modalità con un'enfasi rinnovata verso le strategie di add-on. Particolare rilievo tra le soluzioni adottate viene dato al potenziale contributo di un operating partner, ovvero di un senior executive che abbia maturato significative esperienze aziendali».